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giovedì 21 gennaio 2016

Cibo per l'anima, un consiglio a settimana per migliorare la propria vita e quella altrui

E' giunto il momento di concentrarci sulla comprensione. Capita così tante volte di usare delle parole senza capirne realmente il significato.... Educhiamo i nostri figli e cerchiamo di fare altrettanto con noi stessi, ma spesso utilizziamo termini ed espressioni di cui non conosciamo a fondo il senso. Al termine della settimana potremo comprendere meglio che cosa significa bontà.


  • I prossimi sette giorni saranno dunque all'insegna della parola "bontà". Sappiamo che cosa significa e che cosa implica, ma ci siamo mai chiesti se ne conosciamo davvero il senso profondo?
  • Questa settimana il nostro compito è scrivere la ricetta della bontà. Proprio come faremmo per preparare un dolce, dovremo mettere nero su bianco tutti gli ingredienti che servono
  • Ci sono molte azioni che contribuiscono a nutrire l'anima. Un gesto di gentilezza, un gesto d'amore o di generosità: ecco tre esempi del cibo di cui ha bisogno il nostro spirito. 
  • Prepariamo la lista degli ingredienti (cioè delle azioni) che a nostro parere permettono di sfornare un'ottima "torta della bontà", ma stiamo attenti a non renderla indigesta! Ricordiamoci: si può uccidere con la gentilezza, soffocare con l'amore, viziare con la troppa generosità...insomma, rovinare con dosi sbagliate una ricetta perfetta
  • Di solito è facile preparare una tora con la ricetta davanti; magari ce l'ha passata un'amica e se seguiamo le istruzioni non possiamo sbagliare. Cucinare del cibo per l'anima, invece, è qualcosa di completamente diverso: l'obiettivo di questa settimana è mettere a punto una formula magica che nutra e sostenti la nostra anima senza provocare "effetti collaterali". Ricordiamoci che il segreto non è la quantità, ma la qualità: una piccola dose d'amore e d'affetto al momento giusto può fare miracoli
  • Le nostre guide spirituali sono molto attente a darci solo ciò di cui abbiamo bisogno, e non necessariamente tutto quello che desideriamo. Mentre scriviamo la ricetta della bontà teniamo bene a mente che dobbiamo imparare ad alimentare la nostra anima, ma senza indulgere troppo.
  • Condividiamo la ricetta con gli altri e facciamo in modo che  più persone possibile assaggino la nostra torta della bontà. Assicuriamoci però di tenere da parte una fetta anche per noi.


martedì 5 gennaio 2016

Cacciucco

CACCIUCCO: è la famosa zuppa di pesce di Livorno e della Versilia, e non ha nulla a che vedere nè col brodetto adriatico, nè con la bouillabaisse marsigliese, nè con la romana "zuppa alla marinara". E' una specie di succulenta opera e ballo, minestra-pietanza-contorno tutto insieme; un trionfo di sapore di profumo con una nome dialettale livornese (qualcuno dice CACIUCCO, derivato dal turco kukut che vorrebbe dire "minutaglia").


La sua ricetta è antichissima (i Foci la esportarono in Provenza, Petronio la fece conoscere a Nerone) e da Livorno a Viareggio, lungo il litorale tirrenico, può variare a vantaggio o a svantaggio dell'aggressività piccante e del potere infocante, a seconda dell'uso locale.

Com'è fatto il vero cacciucco dei pescatori lo rivela una vecchietta viareggina nel Tìramo a campà  di Anotnio Morganti, e vale la citazione. In dialetto naturalmente:

"Il cacciucco è 'l cacciucco e basta, Quando si vol di' di tante 'osce mescolate, o 'un dimo che era cacciucco? E allora ci vole anco il miscuglio di pesci se vol esse' cacciucco. Se lo voglino fa' senza 'ppescai co' le lische, ni mèttino un antro nome e 'un offendino il nostro cacciucco. Per fa' bono l' cacciucco ci vole la su' triglia, la su' boga, il su' fraulino, il pescio capponem il capocchione, la storzola, una bella tràcina, e po' la seppia, il polpo, il gronzo, un po' di palombo, le ceàle e più quand'eno 'ncorallate.

"Ma ne lo fai col peporone?
"E se no di 'he ssa? Mario di Bombetta bon'anima diceva che peporone rinfresca e che fa meglio del pepe
"La mi' nòra un celo vole.
"Però n'ai a ddì alla tu' nòra, annanzi che avecci d'intorno le' ci vorèi, bello pezziente, un peporone laggiù in duve 'un ci batte 'l sole! Lo voi fa' bono il cacciucco? Mètte al foo il laveggio, coll'olio assai e un bel battuto fino fino d'aglio e di peporone di vello rosso. Quando smette di schioccà, titici mezzo bicchiere di vino bono, ma sta' attenta che 'un sii di vello dolce; quand'è ritirato il vino, buttaci la seppia e 'l polpo tagliati a pezzi; le granfie io ne le lasso saneperchè po' mi garba ritrovaccele; vesta seppia e il polpo devino arosola' ammodo e quando t'accorgi che eno arosolati addoci tutto co' una tazza o due d'acqua calda e conserva, giusta, di vella bona o il pumidoro ma di vello fresco quando c'è. Qunad'è sull'olio, burra giù 'ppesci, un quarto d'ora e' l cacciucco è fatto. Inatanto a parte, devi avè preparato nella zuppiera le fette del pane, di vello che pare fatto 'n casa, abbustolite e agliate; ci tiri sopra il cacciucco, aspetti che 'l pane sia 'nzuppato e po' serviti e mangia con pro che mangi bene"



domenica 20 dicembre 2015

Bischero

BISCHERO: è il più familiare insulto fiorentino, ed è anche la parola che ricorre più frequentemente per le strade di Firenze. Bìschero è l'ABC del vernacolo: la prima parola dei neonati invece di "mamma"; il primo essenziale insulto che i turisti devono imparare. Può essere un'offesa cocente e un'espressione affettuosa ("Viam un fare i' bischero!"; "o bischeraccio!"), tutto dipende dal contesto e dal tono di chi lo dice. Ogni fiorentino, bambini compresi, almeno una volta al giorno "dà dì bischero" a qualcuno, magari a se stesso: se tutti si mettessero d'accordo e dicessero il loro BISCHERO quotidiano in coro, contemporaneamente, sarebbe un boato impressionante.

I dizionari italiani spiegano che i bìscheri sono quei piroli o legnetti sagomati che reggono le corde del violino e della chitarra e servono per l'accordatura; per un fiorentino e per un toscano, bìscheri sono gli ingenui , i grulli, gli sciocchi. L'etimo è incerto: in genere si cita l'antica e illustre famiglia fiorentina dei Bìscheri, all'angolo dell'atuale Via dell'Oriòlo. Ma veramente nulla prova che qualcuno della famiglie Bìscheri si sia distinto per qualche clamorosa e storica bischerata; anzi, sotto questo sfortunato nome gli annali della Repubblica fiorentina registrano quattro Gonfalonieri e quindici Priori.

Presso il campanile di Giotto esiste addirittura una iscrizione  che ricorda il sepolcro di Lotto Bìscheri. Come se non bastasse l'insulto, BISCHERO è sinonimo di membro virile. E si capisce come i moderni dicìscendenti di quella povera famiglia abbiano fatto di tutto per cambiare almeno l'accento del loro cognome, in Bischèri. Però nessuno, nominandoli, ha mai potuto rinunciare al risolino maligno.

A Pontasserchio, in provincia di Pisa, il 28 Aprile si svolge la Festa del Crocifisso, meglio conosciuta come Fiera 'o' Bìscheri, fiera con i bìscheri. Nulla di blasfemo, comunque: è solo che per l'occasione c'è l'usanza di mangiare un dolce che si chiama, appunto, torta co' bìscheri. In questo caso i BISCHERI sono cannelli di pasta dolce disposti giro-giro a zig-zag. Data la curiosità del nome, ecco appagata anche la curiosità del sapore:

Ricetta per una torta co' bìscheri:

"Fare una pastafrolla con treetti di farina, un etto di zucchero, mezz'etto di burro, due rossi d'uovo, due cucchiai di marsala e farla riposare al fresco per tre ore avvolta inun panno. IL ripieno si confeziona con un etto di riso bollito nel latte con un po' di sale, un etto di canditi e altrettanto dicioccolata, mezz'etto d'uvetta, altrettanto di pinoli, un etto di zucchero, due uova intere e due chiare montate, noce moscata, un po' di liquore. Si stende la pastafrolla nella teglia in modo che i margini stiano rialzati e vi si versa l'impasto. I b'scheri si fanno ritagliando la pasta torno-torno e arricciandola. Poi, in forno"

domenica 11 ottobre 2015

Attenzione e concentrazione, Bronchite: come usare gli oli essenziali

Attenzione e concentrazione

Nelle difficoltà di attenzione e concentrazione l'organo principale da curare è la milza, quindi
riflettere sugli oli maggiormente attivi su di essa.

Inalazione secca e diffusione ambientale: Albero del Tè, Basilico, Limone, Menta piperita, No ('
moscata, Rosmarino, Timo rosso, Verbena odorosa .
Applicare 2-3 gocce di uno degli oli seguenti, puri, su fronte e tempie e massaggiare facendo attenzione che non vada negli occhi: Albero del Tè, Basilico, Rosmarino, Verbena odorosa.
Massaggio con Eucalipto, Garofano chiodi, Limone, Menta piperita, Pompelmo .
Bagni ripetuti più volte la settimana: oltre agli stessi oli citati per l'inalazione secca si può ricorrere a Pino cembro, Pompelmo, Ravensara.
Ricetta per bagno corroborante, capace di potenziare l'attenzione: in un bicchiere di aceto emulsionare 10 gocce di Albero del Tè, 5 di Basilico oppure di Menta piperita, 8 di Limone o di Pompelmo, 5 di Timo rosso.


Bronchite

Inalazione secca e diffusione ambientale: Abete rosso, Albero del Tè, Cajeput, Eucalipto, Mirl ,
Pino cembro, Pino silvestre, Ravensara, Timo rosso .
Suffumigio e impacco sul petto: Cajeput, Eucalipto, Issopo, Mirto, Pino cembro, Ravensara, Timo
rosso, Zenzero. Provare anche 3 degli oli suddetti insieme nel suffumigio o nell'impacco .
Versare qualche goccia sul cuscino per favorire la respirazione durante la notte: Abete rosso, li
calipto, Incenso, Maggiorana, Mirto, Niaouli, Origano, Pino cembro, Pino silvestre, Salvia .
Massaggio sulla zona dei bronchi: usare in particolare l'olio di Cumino nero. Le essenze più appropriate sono: Benzoino, Cedro, Eucalipto, Garofano chiodi, Mirto, Pino cembro, Pino silvestre ,
Storace, Ravensara .
Crema da spalmare sul petto (oli essenziali, uno o più, stemperati in crema base neutra): Albero
del Tè, Anice, Benzoino, Elemi, Garofano chiodi, Pino cembro, Pino silvestre, Ravensara, Sandalo,
Storace, Timo rosso, Zenzero.
Bagno molto caldo con almeno 2 dei seguenti oli: Cedro, Issopo, Maggiorana, Mirto, Niaouli,
Origano, Pino cembro, Pino silvestre, Ravensara, Zenzero.
Uso interno: Basilico, Cajeput, Elemi, Eucalipto, Melissa, Muschio di Quercia, Neroli, Pino cembro,
Salvia, Ravensara, Zenzero.



mercoledì 18 marzo 2015

Il Bagno rituale di Poppea, una costosa Ricetta

Mie care lettrici, ricorderete senza dubbio Poppea, moglie di Nerone, donna di grande bellezza, ambiziosa, intigrante che come tradizione tramanda usava fare un particolare bagno di bellezza quello nel latte. In verità oltre al latte la nostra scaltra Poppea univa altri ingredienti assai benefici per la pelle. Come leggerete e facendo un rapido calcolo, si capisce che il bagno di bellezza di Poppea era piuttosto costoso, e lo è anche oggi considerando l'attuale costo di alcuni degli ingredienti, ma vale la pena conoscere questa ricetta di bellezza.



Ingredienti: - 250 gr di sale marino o sale da cucina - 100 gr di bicarbonato di sodio - 4 l di latte - 500 gr di miele - 2 manciate di petali di rose - 1 bicchiere di olio di oliva

Preparazione: fate bene attenzione, perchè questo è un bagno rituale e si deve seguireuna sequenza ben precisa. Gli ingredienti di cui sopra  si versano nell'acqua del bagno non troppo calda. Procedete così:  prima si stempera nel latte il miele e si tiene in un recipiente vicino alla vasca; nel frattempo nell'acqua si mettono il sale e quindi il bicarbonato di sodio cercando di farli sciogliere bene. A seguire il latte con dentro il miele, poi l'olio ed infine i petali di rosa. Cercate di mescolare bene l'acqua e si entra nella vasca dove si resterà in perfetto relax per una decina di minuti. Il bagno sarà completato da una frizione in tutto il corpo con una spugna naturale molto morbida in modo da fare assorbire le benefiche sostanze immerse nell'acqua.



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