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sabato 2 aprile 2016

UNA LETTERA D'AMORE (illusioni di gioventù)

Ogni tanto, mi capita di riordinare libri e vecchi quaderni che riposano placidi sugli scaffali delle mie librerie. Nel tentativo di dare un ordine logico a pagine che sembrano sconclusionate, trovo qualche vecchio pezzo di una vita che mi appare lontana e quasi sognata, come questa lettera d'amore che scrissi tanto tempo fa per qualcuno che nemmeno ne comprese il significato.

01/03/1999
Non chiedermi perché ti sto scrivendo adesso, non chiedermi perché ho ripreso a scrivere, non chiedermi perché ho meccanicamente aperto questo quaderno, dopo averne riempiti tanti e dopo averli abbandonati alla polvere di uno scaffale nascosto in una stanza ancora all'alba dell'infanzia.

Non ti saprei rispondere, ora so solamente una cosa: ti amo.
Ma non dell'amore che ci hanno insegnato, non quello dei romanzi, non quello che si sogna quando ancora non si è capito cosa sia veramente.
Io parlo di un sentimento così forte, che fa male, che fa soffrire e che, come una lama affilata e gelida, affonda proprio lì, in mezzo al cuore.

Niente romanticismo, poche sbavature da film, è la vita di questo poderoso sentimento che ci nutre; ed è come un nettare dolce, quasi un inebriante profumo che porta dentro di sé il peso e il seme di uno strazio lacerante.
Non voglio essere felice se questo porta con sé la superficialità e l'ipocrisia, il canovaccio di una fattispecie inquadrata nei canoni che la società ci rovescia addosso. Non voglio vivere la virtualità di una realtà alla quale appartengo per il solo fatto di esserci caduta.
Se l'amore è sofferenza, è disagio, è rabbia, è pianto, è capriccio, allora per quanto possa essere duro da vivere, è questo che voglio.

E se la lontananza può avere effetti così devastanti dentro me, accetto anche la devastazione, perché trionfi quel sottile dolore misto a felicità che è fiorito in quel piccolo paradiso che io stessa ho creato nel mio cuore.
Ho perso anche questa battaglia verso e contro di me, poiché avevo giurato e spergiurato che non ci sarebbe stato più spazio nella mia vita per il dolore: no, non per il dolore, ma per il vuoto lancinante e profondo che ho e che sento grande, più grande!

Probabilmente stai dormendo, e io invece sono qui, a pensare che non ci sei, che mi manchi, e che quasi non ha senso il trovarmi qui.
Vorrei dividere con qualcuno tutto questo mio arrovellio, un rimuginare continuo, ma non resta altro che scriverlo, non ho altra scelta non credi?
Ho paura che questo incendio mi consumi, ho paura che tu te ne vada con questa storia e sai perché? Lasceresti dietro di te un deserto.

L'amore che c'è in me è così grande che non può essere rinchiuso in ordinati e forti argini, devi essere tu a trovare il modo di sfruttare l'energia che da esso promana; non troverai mai acque calme, ma una laguna che riposa su un vulcano ancora in piena attività.
Riconosco di avere dei lati che sono oscuri anche a me stessa, che sono lunatica, collerica, intollerante, dispettosa; a volte, e sono molte quelle volte, mi fingo indifferente.

Ma io devo nascondermi, devo ripararmi, se non voglio essere soffocata dai miei stessi sentimenti: al centro di tutto ci sei tu.
Guardami, e non fermarti agli occhi, ogni respiro, ogni sguardo, ogni battito di questo cuore ballerino, prima che per me, è per te.


sabato 16 gennaio 2016

La rugiada sotto i piedi

Volevo assaporare il meglio dell'alba e così uscii, quando il cielo appena cominciava a tingersi di quei toni di rosarancio che le eterne dita di Eos dipingono nello sbiadire delle stelle mattutine. Pedalai per un po', nell'assoluto silenzio di quel giorno neonato, lungo una stradina fiancheggiante frutteti nel pieno lussureggiare del loro essere. Lontano il gracidare di uno stagno.

Lasciai la bici lungo uno sterratino laterale, mentre il verde incantatore profumo dell'erba e l'abbondante ossigeno di quell'ora, intorpidivano lentamente la mia lucidità mentale. Non v'era suono, se non le impercettibili note che le gocce di rugiada suonano sull'erba fresca; di fronte a me si stendeva un immenso prato di trifoglio sul quale, in ordinate file, alberi di kaki indugiavano ancora al sonno.


Tolsi scarpe e calzini e i miei piedi nudi affondarono nei trifogli inondati di milioni di goccioline, luccicanti monadi di un'ora amata da pochi. Fu un incerto incedere quello dei primi passi,  corpo e mente dimentichi da milioni di anni che quelli erano stati i primi passi dell'uomo, simbiotico contatto fra l'anima della terra e la pianta dei piedi. Fu come mettere radici ad ogni passo, il freddo fresco che saliva come linfa verso la mente ormai vuota di ragionamenti, appagata solo da quel contatto primitivo e intimo con la grande Madre.

Ebbi un fremito, una sorta di scossa elettrica che aveva rimesso in moto gli antichi ingranaggi di un DNA sepolto da se stesso e ora risvegliato da un sonno millenario. Mi sentii non più facente parte del genere umano, ma creatura, figlia stessa della Terra su cui camminavo.

Quando il sole comparve all'orizzonte, allungando i suoi raggi a cancellare le pennellate di Eos, tornai sui miei passi, rinnovata nel corpo, pulita nell'anima, con la consapevolezza di aver ritrovato il punto di unione perduto.




sabato 14 novembre 2015

Il valore di un sorriso

Mi piace sorridere, fa parte del mio carattere e non solo, sono cresciuta in una famiglia che ama sorridere e adora ridere. Sì, si insegna anche questo, conosco persone che non sorridono mai e ridono raramente semplicemente perchè in famiglia nessuno lo ha mai fatto.

E non mi si venga a dire che se si sorride quotidianamente è perchè non si hanno problemi, magagne, o pensieri; i periodi neri, tristi, quelli che sembrano non finire mai, durante i quali si accumulano tristezza, dolore, rabbia, senso di impotenza, fanno parte della vita di tutti noi, me compresa. Ma nonostante tutto, ritengo che il valore di un sorriso sia inestimabile.

Sorridere non significa essere deboli (una immane sciocchezza anche solo pensarlo), nè tanto meno ci espone al ridicolo o fa sì che di noi si mostri il fianco scoperto, e  non è un vento diabolico che deforma il viso, e con esso non si glorifica certo la futilià delle cose.
Sorridere non significa che la nostra anima non piange, non significa che non stiamo sopportando un dolore spirituale o fisico, non significa che non stiamo elaborando un lutto, sorridere significa non far pesare sugli altri il nostro malessere, perchè così facendo possiamo trarne un vantaggio anche noi, significa non scaricare su chi ci circonda malumori di ogni genere e tipo, al contrario potrebbe essere la chiave che ci apre una porta, quel piccolo tassello che manca per la risoluzione di un puzzle complesso.

Sorridere e ridere non sono sinonimo di sprezzo della fede, nè per altro dimostra che andiamo a braccetto con il Demonio. Se il riso uccide la paura (come diceva Jorge da Burgos nel "Nome della Rosa") ben venga allora e benedetto sia il riso che mi aiuta ad affrontare con minore ambascia la vita, non è già un inferno il mondo nel quale viviamo?

Quando gli angoli della bocca corrono ad abbracciare gli occhi, così nasce un sorriso.
E' una medicina gratuita, l'antibiotico che sbaraglia le facce lunghe e i visi bui, che fa bene all'umore, il proprio e quello altrui,  è un regalo che ci facciamo e che facciamo agli altri, un piccolissimo atto di generosità, che dovrebbe nascere spontaneamente, una mossa istintuale, come viene a me, ogniqualvolta i miei occhi incontrano un viso, ed è quello che faccio adesso con voi tutti, pur incontrandovi virtualmente.


domenica 4 ottobre 2015

I miei silenzi














Solo i miei silenzi,
non parole,
non suoni.
Solo i miei silenzi,
arriveranno a te,
come boati.
Grida silenti dei miei occhi,
saette scoccate dal mio arco,
a trafiggerti l'anima.
Solo i miei silenzi,
presenza di me,
singulti invadenti
bussano assordanti al tuo cuore.
I miei silenzi
testimoninanze impalpabili
del mio esserti accanto,
lievi respiri sul tuo viso.
Acolta,
siano essi i tuoi compagni,
i miei silenzi.


domenica 6 settembre 2015

Il volto senz'anima

Voglio un viso che non ha mimica, uno di quei visi che non si capisce mai che espressione hanno. Son quei visi in cui non si legge l'ombra di un'emozione, in cui non c'è riso, e se le labbra si atteggiano a riso, il resto del volto non ride con le labbra; non si vedono mai lacrime, visi in cui la fronte non si acciglia, gli occhi che sembrano senza vita anche quando piangono, nei quali non si accende mai luce alcuna, neanche il bagliore dell'ira,  dell'odio, o la radiosità.

Sì, bonariamente li invidio, perché sono quei volti che non permettono a nessuno di decifrarli, e quindi sono al riparo dagli sguardi indagatori altrui, e  non possono essere interpretati.
Non è il mio caso. Sul mio viso si legge tutto, basta un movimento di un sopracciglio, la piccola contrazione di un muscolo della bocca, e il mio viso rivela al mondo quello che la mia anima prova.

E se mai riesco a concentrarmi sul  super controllo di ogni nervo, i miei occhi non fanno che tradirmi.
Posso urlare al mondo intero che non ho nulla, farci un bel comizio, ma il mio viso parla al posto mio come la peggiore delle comari. E convivere con una becera comare non è affatto utile, poiché essa mette in piazza ciò che tu non vorresti mai far sapere al mondo.

Del resto è sicuro che il mondo di questo se ne approfitta e gioca con questa debolezza come se niente fosse. Quando rido o sorrido non lo faccio solo con la bocca, ma con le guance, gli zigomi, la fronte, gli occhi da cui si sprigiona luce, e che accompagno con una gaia voce; allo stesso modo la mia espressione cambia con la rabbia, la bocca si distorce, le mascelle si serrano, le sopracciglia si contraggono, gli occhi emanano piccoli lampi.

Il pianto disfa i miei tratti, li devasta, il sangue affluisce alle guance, la pelle si chiazza di rosso, le lacrime seccano la mia pelle, le labbra tremano, e trema tutto il corpo. Impossibile mentire, si vede benissimo che ho pianto anche ore dopo....

Ecco perché vorrei avere una gomma con cui poter cancellare e ridisegnare il mio viso all'occorrenza, acconciarlo a mio piacere, in modo da non lasciar trapelare il benché minimo spasmo.
Il salvifico viso senz'anima, con cui puoi sempre presentarti, qualunque sia l'occasione, che non parla per te, che mente spudorato.
Marmoreo viso, fermo, incorruttibile, sibillino, senza dubbi, senza domande, senza perché.


sabato 16 maggio 2015

GIOCAVO SOTTO UN SALICE PIANGENTE

Nascosto dietro un palazzo, c'era un piccolo rigoglioso giardino, dove un manto d'erba verde e morbida cresceva ben curata. Era un giardino silenzioso, casa di uccelletti tondi e canterini, al centro del quale si trovava un bellissimo salice piangente, le cui morbide e folte fronde ricadevano, languide e suadenti, sull' erba. Giocavo lì, nascosta dalle fronde del salice, in quella casa verde che mi nascondeva agli occhi del mondo.

Solo il venticello sapeva che c'ero io lì sotto, fra le verdi pareti del saggio salice, nelle quali i raggi di un antico sole primaverile si affacciavano indiscreti e forse un po' sfacciati a curiosare. Era un semplice riparo quello che il salice mi offriva, e mentre intenta nei miei giochi, mi muovevo nel suo abbraccio, lui parlava sobriamente, dondolando in un quasi impercettibile fruscio, gli eleganti rami le cui lanceolate foglie abbracciavano il tappeto erboso.


Era una solitudine meditativa la mia, lontana da rumori stridenti della vita intorno, solitudine in cui i sensi non avevano ragion d'essere, perchè inutili orpelli di un equilibrio ben più alto, dove unica protagonista ricettiva era la sensitività dell'anima. I miei giochi non avevano bisogno di oggetti, era la mente che creava ogni cosa, nello stile e in tono con la capanna verde che m'accoglieva benigna.

Fra le radici nodose sedevo volentieri, quasi a ritirarmi nell'incavo del suo tronco e immergermi nel lento scorrere della sua linfa, compenetrandomi del suo essere, respirando il suo sapere, non domande, non risposte.

Era un magico solipsismo il nostro, radicato nella sua corteccia, compenetrato nel mio io più profondo. Poi un giorno, un'anima stanca si addormentò per sempre ai suoi piedi e nulla fu come prima. Il salice non potè più ospitarmi, nè più parlò, lo guardavo di lontano e mi sembrava in altro mondo.

Qualche anno dopo qualcuno decise di tagliarlo, non ricordo più perchè, ricordo che mi fece male, ne udii la sofferenza, gli ultimi echi della sua voce che dal mozzo tronco si spargevano intorno. Dopo più di trent'anni ci son passata ieri in quel giardino, e ho guardato là, dove stava il salice nulla più è cresciuto, solo l'erba verde resiste ancora. Mi son fermata solo un attimo e ho ancora udito quella sofferenza.

domenica 19 aprile 2015

I Luoghi dell'Introversione

Esistono dei luoghi in cui tutto il nostro essere trova il proprio appagamento. Non è detto che essi corrispondano alle mura di casa nostra, possono essere sparsi nel mondo questi luoghi. Qualcuno sostiene che il nostro angolo di paradiso dovrebbe risiedere in noi, ma non sempre siamo così bravi da riuscire a crearlo dentro noi stessi.

A volte si ha bisogno di qualcosa di tangibile. E vi sono luoghi atti a questo, luoghi in cui ci sentiamo liberi di essere ciò che siamo, luoghi che sentiamo nostri, nei quali la posizione, il paesaggio, la terra, gli alberi o le case rappresentano il nostro io.


Io l'ho trovato questo luogo, quasi per caso, un luogo un po' distratto come me, forse fuori moda, non saprei dire, in un angolo verde, dove c'è una casa dai muri color crema e il tetto scuro. Tutto è verde intorno, un fazzoletto di terra ricco d'anime d'alberi, dove spuntano delle margheritine, e gli unici rumori che si sentono sono i suoni della natura.

Qui posso toccare la terra e sentirla viva dentro di me, mentre la mente svuota se stessa dei materiali pensieri secolari. La luce dell'alba mi raggiunge dalle persiane e il letto non necessita di grande cura quando mi alzo. Posso usare gli zoccoli di gomma per uscir fuori e andare nell'orto a strappare le erbacce, nessuno ci fa caso, legare i capelli nel modo più strambo, buttar via il make up perchè qui nessuno guarda  queste cose. Si vede oltre il visibile.

E' questo il luogo dove rigenero le mie forze, dove i miei canali si riempiono, perchè traggo nutrimento dalle armoniche energie che ivi si trovano abbondanti, come la forza dell'acqua di una cascata. Posso dedicarmi ad una cosa per volta con il tempo che voglio, se voglio mangiare mangio, se mi va di camminare cammino e quando ho sonno dormo.

Non c'è a necessità di parlare, di sviscerare argomenti, le parole sono un inutile zavorra, suoni che confondono la purezza della mente e che mettono a dura prova lo spirito. Alla mia introversione basta questa silenziosa solitudine.

domenica 12 aprile 2015

Vietato Piangere

Quando non si hanno più lacrime è perchè piange tutto il nostro essere. Gli occhi sono aridi deserti senza oasi, non v'è acqua, non v'è sostentamento. Nemmeno il sole può affacciarsi in questi deserti, perchè manca la luce.
E l'anima brancola nel buio, in una notte senza luna, senza stelle, dove scorrono solo fiumi di lacrime profondi, che scavano canyons, tortuosi e irascibili.
Vortici d'acqua, mulinelli che inghiottiscono tutto ciò che trovano, portando via, sradicando ogni forma di vita del nostro essere. Non ci sono argini, per questo le lacrime non possono cadere dagli occhi. Come fonti senza più acqua, essi diventano opachi e scialbi, senza vita, senza luce.
E' una candela che si spegne piano piano, si consuma, e quella fiamma si fa piccola fino a diventare solo un filo di fumo, lasciando solo l'acre odore della cera.
Ecco perchè non si può piangere, il magone si fa grosso in gola e ti strozza, ti toglie il fiato, fino a farti soffocare. 
Non si può piangere, quando è tutto il nostro essere a farlo.

mercoledì 25 giugno 2014

LA CASCATA DI SCINTILLE

Il mare, per averlo a me basta solo attraversare la strada.  Il mare devo viverlo in solitudine, quando la spiaggia è deserta e lo specchio dell'acqua riempe in toto il mio sguardo.

E' all'alba che vivo il mare, in quel silenzio in cui solo è possibile sentire il lieve borbottìo delle onde, e l'acqua è uno specchio calmo e placido la cui trasparenza mi trasporta al regno delle Nereidi.

Qualche giorno fa sono andata prestissimo al mare.
Ho adagiato sui gradini sdentati di una "baracca" i miei effetti personali, e ho lasciato che l'acqua mi accogliesse per la mia consueta passeggiata. Cammino sempre con l'acqua che mi arriva alla vita, sono passi lenti e costanti, ritmici direi, una danza dei miei piedi sul fondo del mare, che osservo dallo specchio trasparente che mi avvolge.


Non penso, sono solo assorta nella contemplazione di qualche guizzo di pesciolini rivieraschi, delle morbide ondulazioni del fondale sabbioso, di qualche tondo movimento dell'acqua e della metà del mio corpo lievemente distorto da quel meraviglioso specchio liquido.

Rabbrividisco un po' alle correnti fredde che si alternano a quelle tiepide e che ogni tanto mi fanno camminare involontariamente in punta di piedi, ma neanche me ne accorgo se non a tratti, tanto ho svuotato la mente in quel paradiso silenzioso dove l'unico essere umano sono io. Tutto tace, tutto è fermo.

Un guizzo di luci improvviso attira la mia attenzione, non un riflesso del sole sulla superficie dell'acqua,  riflessi caldi, ma una luce più fredda, più accecante. Mi volto, e accanto a me una cascata di scintille, come di diamanti, che a grappolo cade sull'acqua e al contatto con essa quasi tintinna, lasciando sulla piatta superficie marina tanti piccoli cerchi concentrici, come quelli che si formano quando si lanciano sassi piatti sull'acqua.

Rimango lì, ferma, immobile, a osservare i cerchietti concentrici che mi circondano, fra l'attonito e lo stupito, forse a cercare una risposta senza aver formulato una domanda. Sorrido a quel miracolo a cui ho assistito, benevola e generosa concessione del cosmo.

Riprendo a camminare avviandomi verso la riva, immagazzinando dentro di me la luce di quelle scintille. Mi asciugo con calma, immersa ancora nelle immagini di quella cascata, quando mi trovo di fronte mamma, che era rimasta a camminare sulla battigia.
"Ti ho visto completamente circondata da un'aura di luci scintillanti" mi dice un po' turbata "brillavi di una luce particolare, cos' era?"
"Non lo so mamma, ma è stato comunque un bel regalo dell'universo non credi?"








venerdì 4 aprile 2014

L'ANIMA GEMELLA


Cercai una magara, che facesse magarìe. Volevo ritrovare l'anima gemella che persi un dì lontano. La magara stava nella foresta pietrificata, perchè lei lì abitava e le raccontai la mia pena.
La magara non parlava, mi guardava e pensava. Sembrava ignorare la mia angustia.
Poi così parlò:
"Se per avere l'anima gemella dovessi abitar in altra magione?"
"Lo farei" dissi
"Se per avere l'anima gemella potessi vederla solo attraverso uno specchio?"
"Lo farei" risposi
"Se per avere l'anima gemella  potessi solo sentirne la voce?"
"Lo farei" replicai
"Se per avere l'anima gemella ti fosse concesso toccarla solo una volta?"
"Mi sta bene" insistetti
"Se per avere l'anima gemella tu dovessi morire?"
"Per me va bene" ebbi a dire "io son già morta senza la mia anima gemella"
Aprì un libro, lesse parole, fece gesti, poi mi indicò una strada, mi disse di seguirla fino in fondo, senza voltarmi mai. Andai, andai,
avevo male ai piedi,
andai, avevo sete,
andai, sentii i morsi della fame, andai.
Laggiù trovai l'anima gemella, quella mia, ed ebbi quell'unico tocco di eternità.


sabato 14 dicembre 2013

ECHI











Echi,
voci multicolori
dentro il mio io.
Rimbalzano,
rimbombano,
rotolano,
parlano di te.
Echi che mi cullano,
e benevoli accarezzano
pensieri sorridenti.
Voci corifee,
da te guidate dentro
sentieri di un cuore che ti apparitene.
Echi,
voce guida la tua,
verso il tuo profondo,
ove sperdo sensi,
e vibra il corpo,
che gli echi tuoi,
leggeri,
sfiorano.

domenica 24 novembre 2013

SONO IO


 Se qualcuno mi chiedesse di descrivere me stessa credo che mi troverei in difficoltà. E' difficile per me dire chi sono, dare voce con parole alla complessa essenza di me stessa. Mi soffermo ad ascoltarmi, ad osservarmi dentro, e a volte "non so dove sono stata e non so dove andrò".
Aspetti contraddittori si coniugano nel mio carattere: sono solare, estroversa, luminosa, facile al sorriso, ma talvolta oscura anche a me stessa, e queste dicotomie fanno di me un personaggio dal carattere complesso, nel quale scopro sfaccettature che mi intimidiscono, perchè luce e buio nei miei pensieri si mischiano in grigi dai cromatismi sconosciuti.
Eppure sono così interessata a tutti gli aspetti della vita siano essi felici o meno, e rifletto, riflessione che mai si interrompe pur nei momenti peggiori, riflessione con ironia, riflessione con disappunto.

Amo la compagnia e adoro la solitudine, compagnia, non bagni di folla, il piacere semplice della condivisone con le persone che amo e che fanno parte della mia vita, ma poi c'è il bisogno di star sola, di ricerca di angoli silenti e appartati, della nicchia protettiva che mi isoli da voci e rumori, dove io sola posso sentire l'onda del respiro che scende dentro di me. E non v'è spazio per nessuno, solo io con sua maestà la solitudine, imperatrice dei miei sensi, carceriera di emozioni che vagano e vivono nella penombra del mio io.  Troppe le mie contraddizioni, come il bianco e il nero, la luce e il buio, il riso e il pianto, la bontà e la cattiveria, la rabbia e la calma.
E poi ci sono  il mare e la campagna, da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna, nelle onde, nelle foglie, nella schiuma e nella terra, nei mille blu dell'oceano mare e negli infiniti arcobaleni di alberi,  fiori, e abitatori.
E sono io ancora con l'amore per gli animali, cresciuti nel mio dna e vissuti con lo stupore di chi vede per la prima volta il miracolo della creazione, e i cavalli, angeli custodi delle anime tormantate dagli ossimori dell'esistenza come la mia.
Sono io, così come sono, viva, in questo mio universo in epansione, in tutti i mondi che ho creato, in  tutte le multiformi immagini che mi contraddistinguono. Sono io.

venerdì 1 novembre 2013

VACUITA'








Nell'immensa vacuità del tutto,
l'anima inerte s'apprende a se stessa.
In questo limitare,
statico limbo senza porte.
Si spaura il mio sembiante,
non v'è che l'eco della mia voce.
Ivi confusi sono il giorno e la notte,
aere rarefatto,
incognita il tempo.
Ma tu ci sei,
rassicurante presenza,
che in questa assenza d'essere,
mi fai dono d' amore e sicurtà.

venerdì 25 ottobre 2013

ALL'ANIMA MIA









Io,
animula, dolce e vagabonda,
ospite del corpo,
cosa sono adesso?
Fuori da questo mondo che corre corre,
io, che non amo gli orologi,
incessante ticchettio,
inesorabile trascorrere di giorni
amo il suono delle campane,  il sorgere e  tramontar del sole.
Io, 
amo il silenzio e i suoni suoi,  
mi soffermo sul volo di una coccinella.
Io, 
odoro i libri vecchi,
polverose testimonianze di versi semplici, 
e non conosco invidia,
mi commuovo alla guancia tonda di un bimbo.
Io,
errabondo essere di luce,
in vuote stanze della vita,
cerco te,
anima mia.



giovedì 4 aprile 2013

L'URLO




Questo vento che tormenta le cime delle tamerici e dei pini urlando tutta la sua rabbia, è come un' anima che urla tutto il suo bisogno d'amore.
Anche l'anima è come il vento, e come esso si trasforma da leggera brezza ad uragano.
Urla le sue domande senza risposta ad un universo dove il rumore del silenzio è assordante.
Un urlo che chiama amore, come il pellegrino assetato ha bisogno d'acqua nel deserto?
Cerchiamo qualcuno che ci ami così come siamo, io per prima, con i miei "se" e i miei "ma", con paure e dubbi, incertezze, utopie, chimere, cocciutaggine, voglia di solitudine e compagnia, sogni irrealizzabili.
Esiste quel desiderio profondo, di abbracci, poesia e carnalità, sensi, odori, complicità, sguardi, intese, mani e brividi. L'Anelito verso la protezione, la sicurezza, la dipendenza e l'indipendenza. Il respiro corto quando ti rifletti nei suoi occhi, il cuore che si ferma solo perché è presente.
La sua anima che si spande dentro ogni fibra del tuo corpo, è la sua parte selvaggia che anima le notti di frasi mai sussurrate prima, che accarezza la tua parte felina e sfuggente, e ti sfiora come nessuno mai. Che ami la totalità del tuo essere perché i tuoi atomi sono i suoi e che ti senta esplodere dentro di sé, perché ci sei da sempre, da quando il tempo esiste, dall'alba stessa dell'uomo.

venerdì 18 gennaio 2013

LA CURA










Metterò tre cerchi di ferro al cuore,
perché non si spezzi,
prosciugherò i miei occhi,
per non piangere,
cucirò le mie labbra,
perché non ne esca suono alcuno,
legherò i miei capelli sericei,
perché non sfiorino più la mia pelle,
perché solo le tue mani erano così leggere,
avvolgerò il mio corpo nel fuoco,
perché non si raffreddi,
cancellerò la memoria,
e potrò dimenticarti per sempre.





lunedì 14 gennaio 2013

IL RESTO DI NIENTE










Eppur tu sai
che non più sarò capace dello stupore dei bambini,
ho un peso troppo grande sulle spalle.
Nei miei occhi incanto luce si sono affievoliti,
e la radiosità ha lasciato spazio ad un velo di malinconia.
Sull'anima una cataratta è scesa silenziosa,
tessuta da fili di tristezza e disincanto.
Anche una quercia cede alla forza di venti gelidi,
un guerriero è stremato da una battaglia interminabile,
un destriero soccombe ad una corsa infinita,
un cuore gentile diventa pietra se tradito,
un'anima si spenge, se ha immolato se stessa
al resto di niente.



martedì 30 ottobre 2012

Io e Donatella


10/10/2012
Nel percorso che è la nostra vita, innumerevoli sono le esperienze che facciamo, e tale percorso è costellato, ovviamente, anche da incontri di ogni specie e tipo: persone dai caratteri multisfaccettati, dalle sensibilità più disparate, solari, cupe, ottimiste, atee, estremiste.
Ma di questo universo umano che ci circonda e attraversa la nostra vita spesso poco ci importa, fino a che il destino mette sulla nostra strada qualcuno di veramente speciale. No non parlo di un innamorato o di un compagno, non è un inno all'amore il mio, ma un inno all'amicizia.

Quando ho conosciuto Donatella la mia vita stava camminando su un sentiero alquanto tortuoso, o forse non era un sentiero, ma una jungla di delusioni e difficoltà, sofferenze varie, rabbia, senso di fallimento o meglio il prisma del negativo che tu guardi, osservi giudichi, ma che non sai da che parte prendere per riuscire a togliertelo di torno. In un certo senso Donatella la conoscevo da sempre, lavorava (e lavora) presso il mio parrucchiere, quindi ogni seduta al salone era una piccola chiacchiera che però rimaneva all'interno del salone stesso.
Una sera di fine estate, mentre mi aggiravo fuori con mia cugina rimuginando sull'imperituro perchè (che tale è rimasto), vidi Donatella appollaiata su uno sgabello davanti al bancone di una birreria che frequentavo: sola e immersa nella lettura.

Mi arrischiai ad invitarla a bere qualcosa in compagnia, ma lei si limitò a ringraziare dicendomi semplicemente che non era un bel periodo. Mi strinsi nelle spalle e feci dietrofront. Ma il campanellino nella mia testa suonava l'allarme e durante la successiva seduta dal parrucchiere ci riprovai, lei accettò una birretta e da quel giorno ringrazio la mia audacia e la mia insistenza perchè ho trovato davvero un tesoro di amica. Siamo caratteri quasi opposti io e Dona: io riflessiva, apparentemente calma e taciturna, introversa e chiusa, enigmatica ed ermetica fino allo sfinimento, ma allo stesso tempo sorridente e solare, amante della compagnia e desiderosa di serenità.

Dona invece è il ritratto dell'istintività, guerriera burrascosa, esplosiva, piena di energia e iniziativa; lei non va interpretata perchè lei parla, a lei non devi fare domande, lei butta fuori, non maschera calma, erutta come un vulcano, si incendia coma la miccia della dinamite. Infatti sono io che la tiro per la manica e cerco di trasformare le sue dichiarazioni di guerra in elaborati trattati di non belligeranza (a tratti interrotti da qualche raid intimidatorio). Sono io che la invito a riflettere prima di dire o fare cose di cui poi potrebbe pentirsi e a valutare il momento opportuno per agire (c'è un momento per tutto Dona!), anche per sganciare le bombe a effetto.

Eppure le basta uno sguardo su di me, un mezzo tono nella mia voce a farle capire che qualcosa è andato storto e parte l'inquisizione (nessuno si aspetta l'inquisizione spagnola, ma lei è peggio), e mi tiene sotto scacco per lungo tempo, ore , a volte giorni e questo dipende dalla mia volontà di collaborare con lei. Alla fine vince causa sfiancamento della sottoscritta (uff che resistenza!).
Dona è lì a raccogliermi con il cucchiaino, a dirmi chiaro e tondo quello che pensa, mai quello che vorrei sentirmi dire, riesce a stanarmi da qualunque tipo di isolamento meditativo, perchè lei sa come prenderti con un lungo assedio (diabolico Sagittario). Se mi rinchiudo nella torre del mio io ferito a pane e acqua, lei riesce a farti mangiare lo stesso, elaborando improbabili inviti a cena a casa sua da cui non esci se prima non hai ingurgitato circa 3000 calorie. Piuttosto si va avanti ad oltranza, sbocconcellando qua e là, dopo che lei ha imbandito la tavola con pietanze degne della cena di Trimalcione per festeggiarti le trippe, rattopparti lo stomaco, farti macinare a quattro palmenti, attaccarti il fegato, solleticarti il palato.....Inutile implorare pietà, dire che il tuo stomaco è chiuso perchè la tua mente è andata in pezzi....NO! Dona non fa leva sul tuo amor proprio, sul tuo senso di responsabilità, ti dice che assomigli ad una molletta per panni, e che nessun uomo potrà mai posare lo sguardo su una tavola da stiro chiaro?

Amo il suo ottimismo (non un ottimismo derivante da una vita che scorre liscia e tranquilla, anzi, io forse al posto suo sarei sotto una lapide con tanto di epitafio in latino: "Sic transit gloria mundi" o roba simile), Dona è ottimista di natura e il suo ottimismo cozza violentemente con il mio pessimismo di base, con la mia Legge di Murphy. Ad ogni buon conto il mio pessimismo leopardiano spesso soccombe al suo "chi vuol essere lieto sia"; ed è così che quando io penso di aver toccato il fondo e di rimanerci un pochino per abituarmi al buio della visione notturna, lei come il feroce Saladino ti prescrive di stare all'aria aperta in sua compagnia(che tu lo voglia o meno, che tu sia disposto a collaborare o no).

Dona è sempre presente, nei momenti felici, nei momenti di gloria, nei momenti di dolore, e in quelli di disperazione. Non mi ha mai mai mai lasciato sola, la sua mano è sempre lì, tesa verso di me. Fra noi non c'è opportunismo, convenienza, interesse e prove ne ho avute davvero molte, anche ora che Donatella sta finendo di raccogliere gli ultimi frammenti di cocci della sua amica e questa è stata una delle prove più faticose a cui l'ho sottoposta. Ha raccolto lacrime, rabbia, sensi di colpa, digiuni da stress, ansie, domande retoriche, risa, scherzi, lieti eventi e potrei continuare all'infinito pescando nel mare degli IMPREVISTI e delle PROBABILITA'.
Lo so che sa quanto le voglio bene, e che io per lei ci sono sempre e comunque anche quando non approvo le sue scelte e lei sa anche con che tono glielo dico. Ma le dovevo queste parole scritte anche solo per dirle: SEMPLICEMENTE GRAZIE!

Cuore e dintorni, conclusione

01/10/2012
E quando poi non riesci a prendere sonno guardi il soffitto della tua stanza e rimugini, e più rimugini e meno sonno hai. Da fuori giungono le voci della varia umanità che si affolla al pub: chiacchiere, risa, voci dai toni diversi che si intrecciano in un mare di vite a me estranee e di cui vorrei essere partecipe. Un libro giace sul cuscino accanto a me ma non ho voglia di leggere, cosa vorrei? 

Non trovarmi qui e non essere costretta a pensare che per ora da qui non me ne posso andare. Non un andare definitivo, ma il semplice staccare, quella frazione di tempo che ti permette di allontanare da te stessa il morboso stillicidio del quotidiano pensare, l'assedio dei luoghi e degli oggetti familiari che sono parte di noi e da cui non si può scappare, ma dai quali almeno si può evadere, anche se per poco, come si evade da una prigione, come si sfugge ad un carnefice, quel tanto che basta per respirare aria nuova, il profumo di una nicchia di libertà a cui ti aggrappi e che ti dà la forza di andare avanti.


lunedì 29 ottobre 2012

Cuore e dintorni, secondo tempo

30/09/2012
Ci sono istanti nella quotidianità in cui il nostro io ha la certezza di aver toccato il fondo e la sicurezza di non riuscire a risalire.
Annaspare è la sensazione più vera, sbanattare, sciagattare, o meglio smuovere acqua senza per altro rimanere a galla; e non solo, in questo ribollire di schiuma non avanzi di un centimetro. 

Può venirti in aiuto la parte di te che non rinuncia a sognare: la zona delle illusioni, il centrocampo della fantasia, il giardino della speranza (forse in coma); l'unico problema rimane il mare di merda in cui devi nuotare e di cui sopportare il puzzo che esaurisce la tua carica energetica.
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