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lunedì 20 giugno 2016

Impacco o un impiastro?

Impacco o impiastro? Oggi poco interessa, ma sapere la differenza che corre tra i due è sempre utile, sono vecchi rimedi che possono aiutarci


Tra i ricordi che mi porto dietro dall'infanzia, ci sono le reminescenze dei vecchi rimedi di cui le mie nonne parlavano. Fra questi spesso esse rammentavano l'uso  di impacchi e impiastri, in caso di febbri, bronchiti, raffreddore e tosse.

Impacco
Nella mia mente di bambina vedevo solo qualcosa di fumante e caldo, ma non riuscivo a trovare un'immagine calzante che potesse distinguerli. Ebbene diventando più grandicella, decisi di fare un po' di chiarezza, se non altro per capire. Del resto in alcuni libri antichi, dove sono elencati i rimedi che si possono trarre dalle piante officinali, impacco e impiastro sono sostantivi ricorrenti.

IMPACCO: applicazione a scopo terapeutico di panni, garze o cotone idrofilo imbevuti di un liquido medicamentoso, di cui si voglia sfruttare l'azione fisica (umidità e temperatura) o quella chimica.

IMPIASTRO: dal latino emplastrum (unguento). Preparato farmaceutico per uso esterno, costituito di sapone di piombo (impiastro semplice), o a base di resine, cere, grassi, metalli (impiastro composto), di consistenza solida, capace di rammollisrsi alla temperatura del corpo umano acquistando proprietà adesive; steso in strato sottilissimo sopra un leggero tessuto di cotone, lino o seta, costituisce il cerotto, ad azione revulsiva, vescicatoria, a seconda delle sotanze utilizzate.

mercoledì 6 aprile 2016

Raffreddori, Bronchiti e Reumatismi: curarli con l'edera

I colpi di coda del freddo, soprattutto in primavera, possono provocare raffreddore, qualche bronchite e altri antipatici sintomi influenzali. Per contrastare queste malattie da raffreddamento la natura ci viene in soccorso con l'edera, sotto forma di infuso, tintura o capsule. Vediamo come esplica i suoi effetti e le precauzioni da usare.

L'edera, o hedera helix,  esplica la sua azione nei confronti delle bronchiti e dei raffreddori, allevia la tosse e a libera le vie respiratorie, ma si dimostra efficace anche contro i reumatismi; può inoltre essere utilizzata sotto forma di applicazione cutanea, ad esempio per calmare le ustioni.

Uso interno: per raffreddore,  bronchite e anche pertosse, la sua azione aiuta a liberare le vie respiratorie e a calmare la tosse grassa; è inoltre utile nel trattamento dell'artrosi e dei reumatismi.

Uso esterno: ottima contro le malattie della pelle,  riduce il prurito e le ustioni; favorisce inoltre la cicatrizzazione delle piaghe e ha un effetto anticellulite.


Riassumendo: favorisce la cicatrizzazione e il trattamento dei pruriti e delle ustioni, e aiuta in particolare a curare i duroni. Nell'antichità e in particolare nella Grecia antica veniva abitualmente preparata una bevanda, composta di un mélange di vino e foglie d'edera, per proteggersi dall'avvelenamento. Successivamente, in Europa, si credeva che l'edera avesse delle proprietà febbrifughe, purgative, sudorifere e vermifughe e quindi le si attribuivano molte più proprietà benefiche rispetto a oggi. In tempi più recenti la pianta è stata utilizzata per alleviare le ustioni, le ulcere, i dolori reumatici e nevralgici. 


In fitoterapia le foglie sono le parti utilizzate, perché contengono dei saponosidi (o saponine) triterpenici e dei flavonoidi.  I principi attivi infatti, sono principalmente le saponine e le ederasaponine, che hanno proprietà espettoranti (in caso di bronchite) e antispasmodiche, inoltre contiene anche flavonoidi, steroli e acidi fenolici,  derivati del falcarinolo, che a volte possono avere effetti allergizzanti. 

Dosaggio: i preparati a base di edera per il trattamento delle vie respiratorie sono diversi.
- In infuso: lasciare in infusione in acqua bollente 300 mg di foglie essiccate per dieci minuti. Bere l'infuso tre volte al giorno.
- In capsule: assumere 300 mg al giorno di polvere di foglie essiccate, mentre per l'estratto fluido si raccomanda di prendere 0,3 ml al giorno.
- In tintura, infine, la dose raccomandata è di 1,5 ml al giorno.
- Per ottenere un effetto anticellulite, anche se non è realmente dimostrato, si consiglia di preparare un decotto facendo bollire 100 g di foglie fresche per 10 minuti in 0,5 L d'acqua; mescolare a dell'argilla verde in polvere, per poter applicare la preparazione nelle zone più colpite dalla cellulite; lasciar agire venti minuti e poi risciacquare. 

Se si rispettano le dosi indicate per le terapie, non si deve prestare particolare attenzione. Se la pianta viene utilizzata intera (e quindi non in forma di foglie essiccate) è possibile che compaiano delle reazioni allergiche: si raccomanda perciò di consultare il medico o uno specialista prima di iniziare un trattamento. Fate attenzione perchè l'edera può aggravare i bruciori di stomaco o le ulcere già esistenti. Chi è allergico alle piante della famiglia della araliacee (come l'eleuterococco o il ginseng) non deve assumere l'edera, così come i bambini di età inferiore ai 12 anni. Anche in caso di gravidanza questa pianta è da evitare, perché può provocare delle contrazioni uterine. A lungo termine possono comparire delle allergie, in grado di provocare reazioni cutanee come eczema o pruriti o persino edemi. In casi rari sono stati riferiti disturbi gastrici e diarree. Non ha alcun'interazione con altri farmaci

mercoledì 11 novembre 2015

Il rafano, in cucina, in fitoterapia e sua coltivazione

L'Armoracia rusticana, Cochlearia armoracia è il nome scientifico del rafano rusticano, altrimenti conosciuto come rafano tedesco, barbaforte e cren, è una pianta erbacea perenne delle Crucifere.
Possiamo dire che il rafano è una pianta piuttosto rustica con grandi foglie ruvide di un bel color verde intenso, e si coltiva soprattutto per l'uso che si fa della radice.

Lo si può coltivare anche in casa stanto attendi a qualche piccola accortezza, una delle principali ad esempio è che, poichè il rafano non sopporta la siccità, nei mesi poco piovosi sarà necessario irrigarlo con regolarità, inoltre in Italia non è possibile coltivarlo come pianta perenne, bensì come pianta annuale.

COME COLTIVARE: scegliete un terreno ben drenato e fertile. Il periodo migliore per la semina è il mese di febbraio, e si può fare in piena terra o in ambiente controllato. Procedete con la semina del rafano in piena terra solo se il terreno è sufficientemente soffice: per la semina in piena terra dovrete provvedere alla preparazione del terreno alcuni mesi prima.

Scegliete una posizione soleggiata o a mezz’ombra. Le piantine di rafano vanno messe a una distanza di 30 cm l’una dall’altra, mentre tra una fila e l’altra dovranno esserci circa 50 cm. I primi fiori appariranno a inizio estate, si tratta di piccoli fiorellini bianchi con quattro petali disposti in croce.

Ma perchè il rafano è così importante per l'alimentazione? Quali le sue proprietà? Innanzitutto il rafano ha un alto contenuto di Vitamina C e B1 e una modesta quantità di olio essenziale che varia dallo 0,5 all’1%. La radice è ricca di composti glucosinati come la gluconasturtiina, singroside e la glucoclearina, se questi nomi non vi dicono nulla, vi basterà pensare che attraverso la loro idrolisi si possono ottenere sostanze utili nel campo della fitoterapia. Per quanto riguarda l’apporto calorico, si stima che ogni 100 grammi di rafano contenga all’incirca 35 kcal.

Oltre che in cucina il rafano è molto usato in fitoterapia: trova impiego, come rimedio naturale, nel trattamento dei reumatismi, bronchiti e altre difficoltà respiratorie. Nella cosmesi naturale e in ambito della medicina popolare, il rafano è impiegato come rimedio blando contro le macchie della pelle, le dermatosi dell’herpes e l’alopecia. Stimola la diuresi, tratta lievi infezioni a carico delle vie urinarie e favorisce la digestione.

ATTENZIONE:  è controindicato per chi soffre di problemi gastrici, disturbi renali, bruciore di stomaco e ulcere. Inoltre è sconsigliato alle donne in gravidanza.

sabato 9 maggio 2015

Le virtù emollientiIl del papavero dei campi o rosolaccio

Il papavero dei campi, o rosolaccio (Papaver roheas), è annoverato dai dottori delle erbe tra le piante "bechiche", cioè quelle piante le cui virtù emollienti sono utili nelle malattie delle vie respiratorie, bronchiti e catarri, tossi disperate. Ma non si più dimenticare che il rosolaccio è cugino del papavero dell'oppio e se oppio non contiene, oltre alla soave e pacificante mucillagine, contiene tuttavia sostanze che inducono alla calma e favoriscono il riposo.

Per gli astrologi il rosolaccio cresce sotto l'influenza della luna ed è quindi una pianta notturna. Gli è affidato il compito di calmare gli ammalati e coloro cui il calare delle tenebre reca irrequietudine e paure: il papavero sa come accompagnare il più recalcitrante nel regno del sonno.


In medicina vengono usati i petali e le capsule essiccate. I primi, che devono essere raccolti a sbocciatura completa, vengono posti ad essiccare in un luogo caldo e asciutto e arieggiato. Vanno rivoltati spesso e non devono annerire, ma conservare un bel colore rosso scuro. Le capsule debbono essere raccolte quando sono qusi secche.

Essiccate del tutto, si impiegano in decotto. Mischiato a latte caldo, in dosi da 3 a 4 cucchiai, esso combatte efficacemente l'insonnia dei bambini. E' prudente tuttavia controllare le loro reazioni.
L'infuso di petali di rosolaccio, sedativo, analgesico, antinevralgico, ipnotico ha un bel coloro e caldo e rosato e un gusto gradevolissimo; agisce in un modo così delicato che lo si può somministrare anche ai bambini e agli anziani: 2 pizzicate di fiori secchi o qalche petali del fiore fresco (10 grammi) per litro d'acqua in ebollizione; lasciar riposare 10 minuti.

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