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sabato 26 dicembre 2015

Buffo come un lume a mano, buggerìo, bùgio, buo céo, buone mosse

BUFFO COME UN LUME A MANO: o anche "più buffo d'unlume a mano", si dice di una persona fuori moda, ridicola

BUGGERìO: ha il duplice significato di baccano, fracasso ("senti che buggerìo") e  di una grande quantità ("un buggerìo di gente"). Buggeròne, invece come sostantivo significa "birbante", "bugiardo"; come aggettivo serve a rafforzare "caldo buggeròne", cioè eccezionale.

BùGIO: in dialetto versiliese significa vuoto, cavo. BOCCA BùGIA, senza denti

BUO CéO: a Viareggio vuol dire oscurità completa e anche: a tentoni; a occhi chiusi

BUONE MOSSE: buon principio, "speriamo che le sian buone mosse" si dice di una cosa che tarda a prendere l'avvìo. Deriva dalle corse dei cavalli

venerdì 20 giugno 2014

Il massaggio per la tipologia dipendente | Salute

A causa dei sentimenti di vuoto e di mancanza che gli sono caratteristici, il tipo dipendente può ricevere grandi benefici dal massaggio. Il motivo della sua insoddisfazione consiste appunto nel non aver ricevuto abbastanza nutrimento, sotto forma di cibo, amore e contatto, durante la prima infanzia.

Egli ha bisogno di essere circondato  da un'attenzione calorosa che gli dia la sensazione non solo di esistere, ma anche di venire considerato come qualcosa di importante. Non trovando appoggio all'interno di se stesso, deve riceverlo dall'esterno.


Il massaggio lo aiuterà così a diventare consapevole del proprio valore. Mai come in questo caso ci si rende conto che il massaggio ha un carattere nutritivo vero e proprio. Inoltre, considerato che le sue richieste di amore, come quelle di un bambino, tendono ad essere illimitate, qesta persona ha bisogno di conoscere meglio i propri limiti. Il massaggio gli porterà appunto in dono la coscienza della propria frontiera corporea, che è il presupposto e il fondamento della coscienza dei propri limiti psicologici.

Al di là della pelle inizia il mondo delle relazioni. Recuperare la coscienza dei propri limiti anatomici, dei propri confini corporei (fin dove arrvo io? Dove incomincia il mondo esterno?) aiuterà il tipo dipendente a ridimensionare le immense richieste del suo Io. L'altro gli apparirà in una luce più realistica: non più come distributore automatico di cibo affettivo, ma come un altro Io dotato di tematiche proprie.

Da questo punto di vista il massaggio non sarà prezioso soltanto per il contatto di cui ogni tipo dipendente è così avido, ma attraverso tutta la serie di distacchi che sono impliciti in un trattamento basato sui messaggi, il tipo dipendente saprà rcavare un sentimento più chiaro della propria individualità e autonomia, per potersi sorreggere sulle proprie gambe.

Il tipo dipendente è particolarmente debole nelle gambe e nelle braccia. Poichè ha sempre atteso che la soddisfazione dei suoi bisogni arrivasse dall'esterno, non ha mai sviluppato energicamente i propri arti. I suoi piedi e le sue gambe non si sono mai spostati per inseguire obiettivi e realizzare progetti. Infine il tipo dipendente è debole nel radicamento, cioè il suo contatto con la terra è sottosviluppato. Ciò significa, come detto sopra, che il senso della realtà è a volte scarso. Alla luce di queste considerazioni, si comprende bene come il massaggio del tipo dipendente debba insistere molto sugli arti. Sia le braccia che le gambe dovranno essere ricaricate, rinvigorite, mobilizzate.

L'energia dovrà fluire in loro abbondantemente, affinchè questo tipo di persona ritrovi il gusto dell'autodeterminazione e di un rapporto più fruttuoso con la realtà. E' un po' come se il tipo dipendente dovesse discendere dal mondo delle fibe e delle illusioni a quello della realtà. In lui anche l'energia dovrà scendere verso il basso, abbandonare le regioni del pensiero astratto per affluire verso il palmo delle mani e la pianta dei piedi.

Questa è la condizione energetica indispensabile affinchè un individuo sano possa relazionarsi con il mondo, e riesca a muoversi agevolmente in mezzo alle difficoltà. Il tipo dipendente ama essere cospasrso d'olio. Si potrebbe ipotizzare che l'unzione lo riporti al gradevole stato del feto che galleggia nel liquido amniotico, quando il contatto con l'ambiente materno era totale e non esistevano responsabilità.



sabato 2 novembre 2013

PULVIS ES ET IN PULVEREM REVERTERIS

No, non vado quasi mai al cimitero, i miei dolori me li porto dentro ogni giorno, sono un bagaglio, che abita dentro di me. A che guardare un sepolcro, e sostare davanti ad una tomba? Ho dentro tutto il ricordo di coloro che non ci sono più, vivo e forte.
Quel dolore non se ne va mai, è arpionato dentro, ci ho fatto l'abitudine, ma è lì, con le sue crisi acute, che si alternano a periodi di lieve sollievo, nel susseguirsi dei giorni.
Non vado al cimitero, come molti, che ogni giorno sono in pellegrinaggio alle tombe dei loro morti, guardare una lapide non mi basta, non mi consola, non allevia il mio dolore. L'assenza e il vuoto, questo è il cimitero che visito tutti giorni. 
Lì vi sono sentieri infiniti, che percorro pensando a  chi  mi ha lasciato anzitempo, non una foto sbiadita che mi guarda da un freddo granito, non i fiori appassiti, non le foglie stanche, che pugnalano i miei occhi, non le lettere in ottone, quelle fredde date che come un passaggio a livello delimitano il tempo passato in questo mondo.
Non vado al cimitero, non sopporto le chiacchiere inutili di quelli che incontro a fare il giro delle tombe, che commentano la vita di chi ormai vita non è più, ai morti non importa. E non importa a me, perchè per le chicchiere vi sono altri luoghi, e il cimitero è il luogo del silenzio, il luogo del rispetto, e tuttavia non mi piace. Non rifiuto la morte, essa fa parte della vita, senza l'una non v'è l'altra, ma  associo il cimitero a una prigione, un confino che serve a noi per tenere incatenati qui, coloro che ci hanno lasciato. 
Affidiamo al vento, all'acqua le ceneri dei nostri morti, lasciamo che se ne vadano, è inevitabile che portino con sè anche una parte di noi, ma il loro compito  qui è finito, e la mia mente rifiuta di incatenarli in queste silenziose città dove brillano solo lumini notturni.
"Pulvis es et in pulverem reverteris (Polvere sei e polvere ritornerai)", e lasciamo dunque che la madre terra,  si riprenda ciò che ha dato, quando la scintilla divina ci ha creato.

domenica 27 ottobre 2013

AL SILENZIO

 








Silenzio,
ambrosia della mente,
che acquieti anime strapazzate dal caos moderno,
da quelle urlanti folle
che si accalcano in piazze e vie,
nei locali, nei negozi,
sui mezzi di trasporto.
Io ti bramo, e
Molti ti temono, Silenzio,
il tuo giantesco rimbombo è troppo forte per chi ha paura del vuoto.
Assenza di suono?
Eppur una voce hai, Silenzio,
che risuona interna a se stessa
e dentro il cuore,
bussa alla mente,
tracima,
esplode,
si innalza,
riempe lo spirito,
violentato da artificiali note.
Sii la mia cura,
elisir del mio riposo,
potere della meditazione.





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