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lunedì 20 giugno 2016

Impacco o un impiastro?

Impacco o impiastro? Oggi poco interessa, ma sapere la differenza che corre tra i due è sempre utile, sono vecchi rimedi che possono aiutarci


Tra i ricordi che mi porto dietro dall'infanzia, ci sono le reminescenze dei vecchi rimedi di cui le mie nonne parlavano. Fra questi spesso esse rammentavano l'uso  di impacchi e impiastri, in caso di febbri, bronchiti, raffreddore e tosse.

Impacco
Nella mia mente di bambina vedevo solo qualcosa di fumante e caldo, ma non riuscivo a trovare un'immagine calzante che potesse distinguerli. Ebbene diventando più grandicella, decisi di fare un po' di chiarezza, se non altro per capire. Del resto in alcuni libri antichi, dove sono elencati i rimedi che si possono trarre dalle piante officinali, impacco e impiastro sono sostantivi ricorrenti.

IMPACCO: applicazione a scopo terapeutico di panni, garze o cotone idrofilo imbevuti di un liquido medicamentoso, di cui si voglia sfruttare l'azione fisica (umidità e temperatura) o quella chimica.

IMPIASTRO: dal latino emplastrum (unguento). Preparato farmaceutico per uso esterno, costituito di sapone di piombo (impiastro semplice), o a base di resine, cere, grassi, metalli (impiastro composto), di consistenza solida, capace di rammollisrsi alla temperatura del corpo umano acquistando proprietà adesive; steso in strato sottilissimo sopra un leggero tessuto di cotone, lino o seta, costituisce il cerotto, ad azione revulsiva, vescicatoria, a seconda delle sotanze utilizzate.

mercoledì 23 gennaio 2013

LA STANZINA

 
C'era, in fondo al corridoio della casa dei nonni, la " Stanzina". Era piccola e aveva una finestra che si affacciava sulle verdi colline intorno, così che lo sguardo si perdeva, fino a raggiungere il mare.
I tramonti d'estate si incendiavano visti da quella finestra, e un'aria profumata di rose mi riempiva i polmoni. Il roseto era sotto la finestra e copriva in parte il pollaio dove abitavano comode, quattro galline.
La "Stanzina" era un regno pieno di sorprese; pur piccola, vi trovavano locazione: due macchine da cucire, una vecchia Singer  a pedale e una più moderna Necchi elettrica, due poltrone con schienale reclinabile e poggia piedi, una libreria con la selezione Reader's Digest e altri libelli di novellette e romanzi per bambini fra cui "I cagnolini di Perlarosa", tre mobiletti con saracinesca nei quali potevo trovare campionari di stoffe meravigliose che nonna usava per le sue creazioni sartoriali, avanzi di lana, spolette da ricamo, una parte del mio futuro corredo e una piccola bambolina dai capelli biondi con cui giocavo sovente.
Mi era concesso usare la vecchia Singer, con la quale mi esercitavo a fare orli, ed ero bravissima a cambiare i rocchetti dei vari filati che nonna usava per cucire. Sui campioni di stoffa usavo invece la filza, per le imbastiture dei modelli, e con grande piacere usavo il gessetto con cui si tracciavano sulla stoffa le linee del taglio.
Quando il divino ardore della sartoria mi lasciava, e non ero in giro per boschi a fare la naturalista, mi sedevo su un tappeto di lana tondo che stava in mezzo alla stanzina e leggevo o disegnavo con le vecchie matite di babbo, che erano ben risposte negli astucci di legno di una volta.
In quella stanza c'era un leggero profumo di lavanda, che proveniva da svariati sacchettini riposti nei cassetti, e che io odoravo con trasporto, e in uno dei mobiletti si trovavano anche delle vecchie scarpe con il tacco che mi misuravo ogni anno, desiderando che il mio piede crescesse velocemente per poterle indossare con un qualche vestito confezionato con una di quelle sete che il campionario offriva alla mia vista.
Vecchie collane e bigiotteria completavano la scena, con lieve odore di borotalco, che proveniva dalle scatole in cui le bigiotterie erano custodite.
Anni beati quelli passati nella "stanzina", dove il tempo scorreva lentamente, scandito dai rintocchi del campanile, dal corso del sole, dal profumo delle rose.

mercoledì 16 gennaio 2013

NONNO (fra prosa e poesia)

Ti ricordi quando ci sedevamo vicini a guardare la televisione e ti tenevo la mano? Avevi una vestaglia da camera color barbabietola e un grazioso berrettin da notte che ti avevo regalato.
Ogni tanto gustavamo una caramella e poi facevamo un commento alla trasmissione che stavamo guardando.
La tua camera era accanto alla mia e io potevo sentire il buffo cigolio della tua poltrona, lo sentivo, e questo mi bastava. Eri sveglio fino a tardi per via dell'insonnia e questo mi permetteva di affacciarmi da te quando rientravo dalle mie passeggiate estive con le amiche, per raccontarti e darti la buonanotte.
Sei stato tu il primo a farmi guidare la macchina, appena fui patentata, senza mai rimproverarmi.
Sapevo che se avessi avuto un problema, avrei potuto venire da te a parlarne con tranquillità perché  non mi avresti giudicata e se ti avessi chiesto di non parlarne a mamma e babbo, avresti tenuto il segreto nascosto nel tuo cuore.
Ti ricordi quando ci mettevamo la crema per le mani? Tu avevi la pelle sottile e io le screpolature che mi procuravano le redini, poi facevamo farfallina per farla assorbire più in fretta ed era buffo.
Il tuo risotto con la salsiccia era squisito, il mio preferito e di uguali non ne ho più mangiati.
Avrei voluto avere la tua forza d'animo, la tua volontà, quella capacità di vivere ed andare avanti, quella capacità di affrontare con un coraggio che non mi appartiene.
Ma da te ho ereditato la rettitudine, la costanza e l'onestà che ormai sono fuori moda e forse fuori secolo.
Sapevi fare tutto, e tutto riparare, una mente spalancata, moderna, priva di pregiudizi, con cui confrontarsi, con cui dibattere, questo eri tu.
Ti ricordi quando leggevamo i vecchi libri di preghiere in latino?
E quando mi lamentavo del dover fare la prosa della Divina Commedia, tu, la recitavi a memoria.
Per farmi mangiare da piccola mi raccontavi la storia del PESCIONE, era arancione il PESCIONE, e faceva lunghi e interminabili viaggi nel mare, e per tenermi i piedi caldi, cercavi sempre le calzature più bizzarre.
Con te ho girato tutti i ristoranti della città, ho assaggiato vini pregiati, ho avuto in dono il DE RE EQUESTRI di Senofonte, testo greco a fronte in edizione limitata. Sei riuscito a trovare le CINQUANTA NOVELLE dei Fratelli Grimm con le illustrazioni di Accornero.
Ti arrabbiavi quando mi trovavi la sera  tardi ancora a studiare, perché dicevi, avevo troppi compiti, e a me questo faceva immenso piacere.
Ricordi lo yogurt e i cheerios a merenda? Ci piacevano.
Tutte le mattine quando mi sveglio, di fronte a me c'è il quadro con i cavalli selvaggi che mi regalasti tu. Perché tu sapevi, semplicemente sapevi, davi senza chiedere, ascoltavi senza puntare il dito, consigliavi senza imporre.
Sono passati sedici anni, e il vuoto che hai lasciato è incolmabile per me. Ti cerco tutti i giorni, in quella stanza che ora è diventata la mia.
Forse se ci fossi stato tu, certe cose non sarebbero accadute, e sono contenta che tu non le abbia viste, perché molto ti saresti angustiato per me e non avrei voluto.
Ogni tanto compari nei miei sogni, e quando lo fai, io so che qualcosa sta per cambiare. Cerco sempre di trattenerti, e ti chiedo di non andare via, ma poi tu svanisci e io mi sveglio.
Mi manchi tanto nonno.

domenica 23 dicembre 2012

A VOLTE RITORNANO

A volte ritornano,
quando meno te lo aspetti, 
quando ormai avevi un tuo equilibrio,
e avevi raccolto i pezzi del tuo piccolo mondo distrutto,
quando avevi scavato a fondo nei ruderi della tua anima,
quando avevi asciugato tutte le lacrime che avevi pianto,
e pensavi di aver chiuso questo pesante fardello nella cassaforte del cuore,
nel caveau della mente.  
A volte ritornano....i ricordi.

venerdì 9 novembre 2012

IL TEMPO




In questi giorni mi sono soffermata a riflettere su un comune concetto di cui ho letto e di cui ho sentito parlare forse troppo spesso: "il tempo è una gran cura per tutto".
Sinceramente non sono molto convinta della veridicità di questa affermazione. Il tempo stende la sua coltre su ogni cosa è vero, ma per quanto mi riguarda non ha curato proprio nulla.
Ciò che è avvenuto è totalmente intatto.
Posso parlare con più freddezza di avvenimenti senza tremare o piangere, ma non ha curato il dolore, la rabbia, la disperazione, l'intensità di un ricordo, di un profumo, non ha cancellato il potere tagliente di certe parole, l'espressione di sguardi, i brividi di un tocco....
Non passa giorno in cui la mente non torni a qualcosa di accaduto, qualunque sia l'ora, che io sia al lavoro, a fare sport, a seguire un programma e in questo stesso momento in cui sto scrivendo di getto queste parole un po' sconnesse, i pensieri corrono liberi nel sentiero che li porta al passato. 
Mi alzo la mattina e osservando i raggi di sole che entrano prepotenti dalle fessure delle tapparelle per darmi il buongiorno  penso.
Davanti ad una tazza di tè nel pomeriggio, davanti al pc non posso che prendere la macchina del tempo dei ricordi e via, basta impostare l'anno.
Tutto torna nitido e perfetto, persone, parole, azioni, è come rivivere e rivivere quegli istanti ogni giorno, sempre.
Sì, forse ripenso in maniera più obiettiva, ma i sentimenti quelli no, non cambiano, rimangono lì, come pietre, come macigni, pesanti, immobili, giganteschi, loro mi guardano e io li guardo, mi parlano e io gli parlo, mi sfiorano e io li sfioro, mi suggeriscono che ho ancora qualche conto in sospeso e io rispondo che non posso far altro che aspettare, che forse è un po' come aspettare "Godot".
La mia mente è come un'enorme biblioteca, un archivio inesauribile, e lì il tempo non può espletare la sua azione di scoloritura, di consunzione, non può strappare le pagine di quei libri, e non può neanche stenderci sopra la sua coltre spessa di polvere.
Caro tempo, tu scorri imperturbabile travolgendo ogni cosa ti si presenti davanti, un Langoliere direi, ma nulla puoi contro un cuore spezzato, perchè una volta spezzato, persino tu non puoi che fargli solo qualche graffio.
Sei come un predatore, che nel bosco più fitto della psiche umana, quello buio, senza luce, dove non ci sono sentieri, ti nascondi e aspetti la tua preda, la mia memoria,  me, che ancora rimango fortemente attaccata alla sfera selvaggia e archetipica del mio essere più primitivo.
Non c'è cura, tu passi, come passano i giorni, tuoi figli, i mesi e gli anni, io cambio nel corpo, ma di tutto ciò che ho dentro tu non puoi afferrare che schegge sfuggite solo al mio controllo.

martedì 30 ottobre 2012

Ricordi nelle gocce di pioggia

27/10/2012
Piove, il cielo sembra riversare su di noi la sua disperazione. Tutto assume le sfumature del grigio: le nuvole plumbee, l'acqua che cade, le strade, i palazzi, gli alberi. L'acqua che bagna la terra ha il suo caratteristico odore e all'improvviso ho chiuso gli occhi e ho pensato che in giornate come queste sono tre le cose che si possono fare: infilarti sotto le coperte con qualcuno e morire di coccole, farti una scorpacciata di film cult a "baco" sul divano; o liberare la mente. La mia è partita da sola ed è andata indietro nel tempo e nei ricordi proprio ad una giornata d'autunno come questa.
Nonostante il diluvio ero andata al maneggio dal mio cavallo (sperando di poter montare) , ma, data l'inclemenza del tempo, optai per regalare al mio rosso destriero una seduta di toilettatura personalizzata, scopo: totale rilassamento.

Lifar

Così mi infilai nel suo box, accolta da un sommesso e accogliente nitrito (mai musica è stata più gradita alle mie orecchie) e spiegai a Lifar le mie intenzioni. Cominciai dagli zoccoli naturalmente, pulendo accuratamente l'interno del fettone e assicurandomi che fosse morbido, i glomi e, passando alla parte esterna, spazzolai con energia fino alla corona dando poi la consueta mano di grasso. Accoccolandomi accanto alle sue gambe per eseguire al meglio la mansione, Lifar mi posò sulla testa il suo naso, respirandomi sui capelli e facendomi un lieve solletico con i peletti della barbozza (nemmeno un massaggio ayurvedico poteva rilassarmi tanto). Passai dunque ad una profonda strigliatura per togliere polvere e peli in eccesso, alla brusca per lisciare e al panno per lucidarlo e mi venne in mente che, fra le sue cose avevo lasciato dell'olio di arnica per massaggi (che ogni tanto usavo per me quando si presentava qualche contrattura muscolare) e decisi di fare un bel massaggio al mio focoso equino, partendo dal garrese lungo la colonna vertebrale fino alla groppa e alle reni. Fu efficace al massimo perchè Lifar fece un gran sospiro e chiuse gli occhi. 

Gli massaggiai dunque anche collo e gambe, soffermandomi sempre a controllare i tendini dello stinco e i nodelli. Con una spugna appena umida pulii delicatamente gli occhi e il naso e constatai che era giunto il momento di passare a coda e criniera. La coda di Lifar era color rame scuro con qualche crine bianco e nero, tutta ondulata e lunga fino a terra. Per strigarla meglio presi l'olio per neonati e la pettinai con il pettine a denti radi, ciocca per ciocca fino infondo: non aveva neppure un nodo.

Feci lo stesso con la criniera, mi ero sempre rifiutata di tagliarla più corta, a me piaceva lunga, ondulata e selvaggia. Il respiro regolare e profondo di Lifar che si godeva questo inaspettato regalo da SPA di lusso mi aveva calmato e addolcito (riusciva solo a lui), c'era solo il suo respiro, il mio respiro e le mie parole per lui, e il rumore della pioggia. Basta. Nient'altro.

Lifar guardava la pioggia cadere dalla finestra del box, e il suo sguardo, di solito così focoso, brillante, presente, sembrava guardare su un altro mondo. Ma quale? Glielo chiesi (io con Lifar parlavo sempre) e lui mi leccò il mento. Questa volta non mi rispose come faceva di solito e io per un attimo ebbi la sensazione che tutto stesse per finire, forse semplicemente perchè se qualcuno mi avesse chiesto se ero felice, non avrei potuto rispondere che sì, perchè non mi mancava nulla, avevo tutto quello che desideravo: Lifar, non esisteva altro.
E ora mio rosso destriero tu, galoppi da solo in verdi praterie di luce e io per poterti toccare ancora una volta, non posso fare altro che annusare ad occhi chiusi una ciocca della tua criniera che poggia delicatamente sullo scaffale più nascosto e protetto della mia camera.


lunedì 29 ottobre 2012

DI UN VECCHIO DIARIO FRA ME E MAMMA


Pensieri che mamma ha scritto per me

20 Gennaio 2007 







27 GIUGNO 1996
E' un mattino "pulito", il mare è blu e le cime dei pini risplendono nel loro verde dondolio.
Nur ha allungato un po' il collo e fiutando l'aria con il naso arricciato ha deciso di fare la sua "capriola". Francesca ha chiesto di te e ti saluta; nel frattempo nonno ha starnutito più volte e Nur ha mordicchiato le foglie dei gladioli.
Stai sorridendo al nostro modo di vivere vero?

28 GIUGNO 1996

"Mamma, siamo in viaggio per Trento"...Il cuore mi batte un po' più rapido e il respiro appena un po' affannoso; sei in viaggio e forse farai anche una sosta a Castellazzo, "Sancta sanctorum" per chiunque ami l'equitazione. Mi sento più leggera, riaffiorano emozioni, la fantasia si fa largo. E' una splendida constatazione, ho ritrovato il "fanciullino". Perchè lo credevo morto? Era solo avvolto nella coltre dell'oblio e ora sono in viaggio con te.
Eccolo il miracolo. L'hai fatto tu con gran semplicità, via cellulare e non c'è che dire, proprio al passo coi tempi.

30 GIUGNO 1996

E' quasi l'ora di mettere a letto nonno e mentre rintoccano le ore del pendolo "sottostante", mi sovviene che domani ha inizio il mese di luglio.
Questi ultimi giorni di giugno li abbiamo vissuti con dolore e con rabbia, con un grave profondo senso di malessere.
"Due cose uccidono l'anima" dice S. Agostino "la presunzione e la disperazione: con la prima si spera troppo; con seconda troppo poco".
Ci è stato fatto torto e le cose non sono andate certo come, specialmente tu, avresti voluto. Ne prendiamo atto, ma la spiegazione non ci è per niente di aiuto.
Che fare allora? Proviamo a cercare la causa del nostro malessere in noi stessi. In fondo non possiamo certo cambiare quello che non è in nostro potere, ma possiamo cambiare noi stessi e il nostro atteggiamento verso le persone e le cose.
Sarà un modo di reagire forse più difficile, ma certamente più produttivo. Uniremo i nostri sforzi al motto di: "BUONUMORE CERCASI", perchè la gioia è il sole dell'anima e oltre a riscaldare chi la possiede, riscalda anche tutti quelli che ne ricevono i raggi.

02 LUGLIO 1996

Se non si vive come si pensa, si finisce con il pensare come si vive. Non c'è da cercare lontano, l'esempio è proprio sotto gli occhi di tutti, basta guardare me e nonno....

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