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domenica 7 febbraio 2016

Spirito e materia non sono opposti

Dobbiamo dire che spesso si commette l'errore di associare le tinte pastello più delicate alla natura "spirituale", mentre le sfumature più vive e dense sono ritenute indicazioni dell'aspetto "terreno" della personalità. Ma questa è un'opinione errata. E' vero fino ad un certo punto, ma spesso dà un'idea totalmente falsa del carattere della persona.

Innanzitutto, questa idea accetta la concezione che "materiale" e "spirituale" siano nettamente contrapposti come l'oriente e l'occidente che, nella poesia di Kipling, " non s'incontreranno mai". Era questo l'errore degli gnostici, o almeno di alcuni di essi, nella Chiesa protocristiana, e in una forma o nell'altra è persistito nel corso dei secoli. Secondo molti di noi è più giusto affermare che "spirito" e "materia" sono le espressioni di una realtà suprema, i due poli della batteria cosmica, tra i quali è intessuta la rete dell'universo.


In quel "campo di energie" vivono ed esistono la vita e la coscienza. Vi sono istituzioni in cui tutto questo è simboleggiato dalle due Colonne del Tempio di Salomone: tra esse  si estende il pavimento di mosaico a riquadri bianchi e neri, e il nostro pellegrinaggio umano significa che in realtà non camminiamo mai interamente su un riquadro nero o su uno bianco.

Ciò si riflette nel nostro universo privato individuale, e si rivela nell'aura. E' una semplificazione eccessiva dividere l'umanità in "buoni" e "cattivi" come nei film western. Noi siamo più sfumati, e in ciascuno di noi vi ammonisce: "C'è tanto bene nel peggiore di noi, e tanto male nel migliore". Ed è verissimo.

Vi sono aspetti della nostra natura che appartengono alla parte più elevata, e altri alla parte inferiore; e c'è una porzione della nostra struttura emotivo-mentale che rispecchia un miscuglio di questi due aspetti;  e secondo l'attività generale di tali fattori noi costruiamo quello che possiamo chiamare lo sfondo permanente dell'aura. E' questa colorazione generale che solitamente dimostra quali siamo, ed è piuttosto stabile, cambia lentamente mentre progrediamo sulla strada della vita.

Tuttavia, vi sono momenti in cui entrano improvvisamente in attività le parti più elementari della nostra natura; e tale attività appare evidente dalle tinte ardenti e torbide che appaiono nell'aura. Allo stesso modo, vi sono momenti in cui entra invece in attività il nostro aspetto etico e spirituale, e questo produce sfumature di colore più delicate. Ma entrambe le condizioni possono essere (e molto probabilmente sono) di breve durata, e la loro apparizione non offre una chiave del vero carattere della persona nella cui aura vengono viste.

sabato 2 novembre 2013

PULVIS ES ET IN PULVEREM REVERTERIS

No, non vado quasi mai al cimitero, i miei dolori me li porto dentro ogni giorno, sono un bagaglio, che abita dentro di me. A che guardare un sepolcro, e sostare davanti ad una tomba? Ho dentro tutto il ricordo di coloro che non ci sono più, vivo e forte.
Quel dolore non se ne va mai, è arpionato dentro, ci ho fatto l'abitudine, ma è lì, con le sue crisi acute, che si alternano a periodi di lieve sollievo, nel susseguirsi dei giorni.
Non vado al cimitero, come molti, che ogni giorno sono in pellegrinaggio alle tombe dei loro morti, guardare una lapide non mi basta, non mi consola, non allevia il mio dolore. L'assenza e il vuoto, questo è il cimitero che visito tutti giorni. 
Lì vi sono sentieri infiniti, che percorro pensando a  chi  mi ha lasciato anzitempo, non una foto sbiadita che mi guarda da un freddo granito, non i fiori appassiti, non le foglie stanche, che pugnalano i miei occhi, non le lettere in ottone, quelle fredde date che come un passaggio a livello delimitano il tempo passato in questo mondo.
Non vado al cimitero, non sopporto le chiacchiere inutili di quelli che incontro a fare il giro delle tombe, che commentano la vita di chi ormai vita non è più, ai morti non importa. E non importa a me, perchè per le chicchiere vi sono altri luoghi, e il cimitero è il luogo del silenzio, il luogo del rispetto, e tuttavia non mi piace. Non rifiuto la morte, essa fa parte della vita, senza l'una non v'è l'altra, ma  associo il cimitero a una prigione, un confino che serve a noi per tenere incatenati qui, coloro che ci hanno lasciato. 
Affidiamo al vento, all'acqua le ceneri dei nostri morti, lasciamo che se ne vadano, è inevitabile che portino con sè anche una parte di noi, ma il loro compito  qui è finito, e la mia mente rifiuta di incatenarli in queste silenziose città dove brillano solo lumini notturni.
"Pulvis es et in pulverem reverteris (Polvere sei e polvere ritornerai)", e lasciamo dunque che la madre terra,  si riprenda ciò che ha dato, quando la scintilla divina ci ha creato.

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