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mercoledì 13 gennaio 2016

Violetta, olio essenziale

Nome botanico: Viola odorata
Famiglia: Violacee
Provenienza: Europa, Asia
Estrazione: dai fiori
Profumo: floreale , dolce, ricco
Azione energetica: yin
Pianeta governatore: Venere
Proprietà: antinfiammatoria, antireumatica, decongestionante, antisettica, stimolante della circolazione, sedativa, espettorante, afrodisiaca
Principali indicazioni: insonnia, esaurimento nervoso, acne, pelle grassa, dermatiti, insufficienza circolatoria, reumatismi, bronchite


La violetta o viola mammola, per essendo un fiore notoriamente schivo e associato alla modestia, viene spesso associato alla rosa nella tradizione letteraria, poetica, nelle arti e nella medicina popolare. Nascono rose e viole sal sangue di Adone, giovane bellissimo amato da Venere; ancora violette nascono dal sangue di Attis, un altro giovane conteso per la sua bellezza da più parti e che si uccide, evirandosi all'ombra di un pino. Una leggenda greca narra che Efesto, il dio Vulcano, brutto e claudicante, innamoratosi di Venere-Afrodite, per sedurla si coronò il capo di viole mammole, che magicamente convinsero la dea della bellezza a seguirlo nelle viscere della terra.

Simboli d'amore, quindi le viole, ma anche simboli di morte, con cui si ornavano le tombe delle fanciulle, morte prematuramente ed è proprio "in un letto di oscure viole" che, pallida e immmobile, dorme la Bella Addormentata nel Bosco, in attesa del magico risveglio. Saffo, poetessa greca autrice di toccanti liriche amorose, è ricordata dagli antichi con il capo cinto da viole: "O coronata di viole, divina dolce ridente Saffo". La è anche un tenero annuncio di primavera, che indica la fine dell'inverno, come nei noti versi del Pascoli: "C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: io vivo altrove e sento che sono intorno nate le viole".

Ma la viola ha dato anche il nome a strumenti musicali come la viola, il violoncello, il violino; ha legato la sua immagine, dai tempi di Maria Luigia d'Austria, alla città di Parma, che ne ha fatto il suo simbolo e con "violetta di Parma" un famoso profumo.  In Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare si parla della viola, come un fiore che all'inizio era bianco, ma che colpito da una freccia di Cupido, dio dell'Amore, per l'amorosa ferita diventò purpureo, e fu chiamato viola.

Ed è proprio il succo di viola, spruzzato sulle palpebre di una persona addormentata, che la farà follemente innamorare della prima persona incontrata, come succede alla fata Titania, che per la burla di un folletto, si innamora di una testa d'asino. La viola ha una altro significato simbolico collegato al suo colore, che è composto in ugual misura dal blu e dal rosso: rappresenta il putno di incontro tra il rosso della passione e il blu dell'intelligenza; ma il viola è anche il colore della penitenza e del sacrificio.

Il pallore della viola  quindi è connesso con i "pallori amorosi", con la trepidazione e la modestia ma anche con l'incantamento e la seduzione, con la morte ma anche con la rinascita e con la poesia. Trasposta in aromaterapia, questa pregnante simbologia va ad arricchire l'utilizzo dell'essenza di viola nella sfera psichica: la viola, sensibile e delicata, può essere usata laddove si voglia aumentare la sensibilità, la ricettività, la creatività del pensiero, per lenire ferite dell'esistenza e in particolare le delusioni d'amore: si ritiene infatti che il suo profumo "conforti e corrobori il cuore".

L'aroma è squisitamente femminile, ma può essere usato, per massaggi o bagni, anche per il sesso maschile, per ammorbidire e smussare gli spigoli di un carattere rude, o per chi è troppo prosaico, alieno da poesia e da sentimento nella misura di una goccia da aggiungere a essenze più maschili. Nella sfera amoroso- sessuale, la viola agisce a livello del cuore, nel senso che addolcisce, inclina all'amore e al sentimento, ma grazie all'azione del "blu che si mescola al rosso" e  che aggiunge una nota rinfrescante, rischiara la mente e la rende più aperta, più riflessiva e pacata, rilassa e abbassa le tensioni.

A livello organico la viola ha proprietà espettoranti utili in caso di tosse o bronchite, depura la pelle e deterge i pori (in questicasi è indicata per lavaggi o comprese di acqua calda, bagni di vapore); stimola la circolazione e ha un'azione antinfiammatoria in caso di problemi circolatori agli arti o reumatismi.

mercoledì 9 settembre 2015

Cipresso, olio essenziale

Nome botanico: Cupressus sempervirens
Famiglia: Conifere
Provenienza: bacino del Mediterraneo
Estrazione: dai frutti
Profumo: balsamico, dolce
Azione energetica: yin
Pianeta governatore: Saturno, Plutone
Proprietà: vasocostrittore,antispastico, deodorante, astringente, antisudorifero, diuretico, epatico, riequilibratore, antireumatico
Principali applicazioni: edemi, insufficienza circolatoria, emorroidi, cellulite, ipersudorazione, seborrea, reumatismi, squilibri ovarici, tensione nervosa, bronchite, tosse


Per gli antichi il cipresso era considerato un albero sacro, il suo legno profumato era ritenuto incorruttibile; pianta magica, assolveva a una doppia funzione: custode di vita, sacro a Zeus, a Venere e ad Apollo, ma anche pianta sacra a Plutone, dio del mondo sotterraneo dell'Ade, pertanto simbolo di vita e di morte. Con il suo protendersi verso il cielo e lo sviluppo prevalentemente ascensionale, rappresenta la tensione spirituale, è la pianta del silenzio, del raccoglimento e la si ritrova nei chiostri, nei luoghi di preghiera, presso i cimiteri, come simbolo di immortalità.

Ma il cipresso è tutt'altro che una pianta che rattrista: i medici antichi consigliavano a coloro che erano ammalati nell'anima o nel corpo, di passeggiare e di sostare vicino ai cipressi, toccandoli e accarezzandone la chioma, per liberarsi delle proprie angosce e per sopportare meglio i dolori della vita. Il cipresso aiuta l'uomo a riprendere il contatto con se stesso, invita alla calma e alla riflessione e fa buona guardia alla salute. Albero amico dell'uomo, si pensava potesse "dialogare" e trasmettere la propria forza alle persone provate dalla vita e in cerca di serenità. Il suo profumo eleva lo spirito: le porte delle basiliche erano costruite in cipresso.

Come tutte le piante sotto l'influenza di Saturno, limite di demarcazione tra l'immateriale e il materiale, il cipresso ha un potere profondo, di coagulazione, di purificazione e di trasformazione che agisce anche sulla psiche, a un livello superiore di coscienza. Dal punto di vista delle proprietà, l'essenza di cipresso ha un forte potere emostatico e astringente che si esplica bene nei disturbi della circolazione venosa quali varici, emorroidi, mestruazioni abbondanti. In questi casi sarà utile utilizzarne qualche goccia unita a olio di germe di grano o a una crema lenitiva alla calendula o in una crema da massaggio per la cellulite. Significativa è la somiglianza tra i coni del cipresso e le ovaie (la "segnatura" degli antichi, cioè la somiglianza di una pianta con specifici organi del corpo umano dava una preziosa indicazione per la sua azione terapeutica su quella parte a cui somigliava).

In effetti è dimostrata l'azione di questa essenza nei disturbi mestruali specie con mestruazioni abbondanti e dolorose e nei disturbi della menopausa. Per la sua azione astringente è indicato anche nell'enuresi notturna dei bambini, applicandone qualche goccia per un lieve massaggio a livello della vescica, nella parte bassa dell'addome. Qualche goccia sul cuscino calma la tosse spasmodica, per fumigazioni è indicata nella bronchite. Nell'eccesso di sudorazione utilizzarla nell'acqua del bagno o per maniluvi e pediluvi. Per il suo potere antiparassitario può essere applicata anche sul pelo di animali domestici. L'essenza di cipresso è molto potente e va usata in piccole quantità.


mercoledì 29 luglio 2015

Gli oli essenziali e le simbologie planetarie, Saturno

Saturno è il nome romano di Crono, il dio greco figlio del Cielo e della Terra, che castra il padre e si sostituisce a lui, divora i suoi figli e minaccia chiunque voglia insidiare il suo potere. Finirà spodestato dal figlio Giove. Se Giove è l'espansione, Saturno è la concentrazione. Il suo temperamento è freddo, distante, è il signore dell'estrema profondità, che guarda il mondo dall'esterno, signore del tempo, che non di lascia ammorbidire, toglie le illusioni e riconduce all'essenza originaria.

Rappresenta il limite di demarcazione tra immateriale e materiale, la forza coagulante che porta alla formazione della materia, la sua condensazione massima a cui fa seguito la dissoluzione, per poter generare nuove potenzialità. Nel corpo Saturno è associato allo scheletro, a tessuti concentrati quali unghie, denti, articolazioni, al controllo della crescita, all'energia conservativa, alla concentrazione degli umori quali urina e bile. Dio del tempo, governa la memoria dell'uomo, impietoso e freddo, toglie le illusioni ma proprio per questo crea il senso filosofico. 

Attraverso il distacco dalle passioni realizza la trascendenza. Saturno rende forti sul piano morale, pone di fronte alle rinunce, al distacco, "la notte dell'Anima" e abbatte chi è debole ma anche rinsalda chi è forte, aumenta la forza interiore, dà solidità, toglie quanto c'è di effimero e apre la più grande porta del destino individuale. Tra le piante saturnine vi è la totalità dele piante funerarie, le piante nere, atra, come dicevano i Romani, per indicare uno stato subliminale nascosto, il "regno dell'aldilà", dove si deve recare chi vuole intraprendere il cammino della trasformazione, della morte e della rinascita; piante simbolo di immortalità sempre verdi, dal legno incorruttibile. 

Saturno è freddo, ascetico, astringente, austero coagulante, cristallizzante, costante, limitante, ristabilisce l'equilibrio dove manca, in questo senso è correttivo, castigatore e redentore. Le essenze saturnine saranno astringenti, antiflogistiche, refrigeranti, sedative, coagulanti, cicatrizzanti, antifebbrili, agiranno sulla sfera psichica nel senso di far retrarre le funzioni di sentimento a vataggio del pensiero razionale, per costruire una serenità basata sulla rinuncia a ciò che è diventato insufficiente e una fissazione sull'essenziale.


sabato 23 agosto 2014

Metti da parte qualcosa | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie

Ecco un'altra perla di saggezza di Lucio Anneo Seneca. Quale sia la vera ricchezza, e non si tratta di beni materiali, se non quelli sufficienti al vivere quotidiano, bensì ricchezza d'animo e sua tranquillità. Sapersi accontentare, saper stare con se stessi, conservare nella propria mente la ricchezza che ci proviene dalle nostre letture. Una saggezza la sua che è universalmente valida per tutti, per tutti i tempi, da cui prendere esempio per far sì che la nostra vita non si fondi su meri principi materialistici.

"Caro Lucilio,
mi scrivi e mi riferiscono cose che mi fanno ben sperare per te: non sei irrequieto e non ti agiti in continui spostamenti. Chi si agita sempre vuol dire che è malato nell'anima: per me il primo segno di un temperamento equilibrato è la capacità distare tranquilli in compagnia di se stessi. Però stai attento perchè anche leggere molti scrittori e molti libri di genere diverso può essere segno di volubilità. Bisogna approfondire gli scrittori che valgono davvero e nutrirsi di loro, se vuoi ottenerne qualcosa che ti rimanga.

Chi è dovunque, finisce per non essere da nessuna parte. Chi passa la vita a girare senza mai fermarsi conosce molte persone ma non avrà un vero amico. La stessa cosa succede a chi sfoglia tanti libri ma non si sofferma mai su nessuno. Non giova e non si assimila il cibo che viene vomitato subito dopo averlo ingoiato. Niente impedisce la guarigione quanto cambiare continuamente medicina: non si cicatrizza la ferita quando si cambia continuamente la pomata, non cresce bene l'albero che viene continuamente trapiantato.

Niente può dare giovamento se non gli si concede il tempo necessario perchè abbia effetto. Troppi libri sono inutili: se non hai tempo per leggere tutti quelli che puoi avere, tieni solo quelli che puoi leggere. Ma a me piace sfogliare ora questo ora quel libro, dirai. Ora è proprio di uno stomaco malato degustare tanti cibi, e così essi invece di far bene fanno male. Leggi sempre, allora, buoni libri, e se a volte ti piacerà di conoscerne di nuovi, non dimenticarti di quelli vecchi.

Ogni giorno metti da parte qualcosa che ti serva contro la miseria e contro la morte e dei tanti libri che leggi conserva una frase o un pensiero sul quale riflettere ogni giorno. Anche io faccio così, di tante cose che leggo salvo sempre qualcosa. Oggi ho fatto un incursione in un accampamento nemico, non da disertore, ma da esploratore, era l'accampamento di Epicuro e sono tornato con questo pensiero: "La povertà accettata con gioia è buona cosa".

Ma se l'accetti con gioia non è più povertà. Non è povero chi ha poco, ma chi desidera avere di più. Che cosa importa quanto uno ha in cassaforte o nel granaio, quanti capi di bestiame possieda e quanti soldi da prestare a usura, se non riesce a staccare gli occhi dalle altrui proprietà facendo sempre i conti non di quello che ha ma di quello che vorrebbe avere? Mi domandi quale sia la misura giusta della ricchezza? Primo avere quanto è necessario, poi quanto è sufficiente".


venerdì 22 agosto 2014

La vita corre via | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie


Ciò che Seneca scriveva è di una modernità disarmante. Nelle sue "Lettere a Lucilio" sottlinea la necessità che gli uomini trovino in se stessi il bene e la felicità, una felicità austera, sobria, quasi dolente.
Ecco ciò che scrive, che dovrebbe essere spunto per tutti noi:

"Caro Lucilio,
...rivendica la proprietà di te stesso e raccogli e conserva il tempo che finora ti veniva portato via o andava perduto. Convinciti che è così come ti scrivo: il tempo ci viene portato via, a volte con la forza a volte con abilità, altre volte se ne va senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo.
Ma la vergona peggiore è perdere tempo per la nostra negligenza. Se ci pensi bene: gran parte della nostra vita se va nel fare male, ancora di più nel non fare niente e tutta quanta la perdiamo nel fare cose che non vorremmo fare. Puoi indicarmi qualcuno che impieghi giustamente il suo tempo e la sua giornata, che capisca di morire giorno dopo giorno?

Questo è il nostro sbaglio, che consideriamo la morte come un avvenimento futuro, mentre per gran parte essa è già alle nostre spalle ed è padrona del nostro passato. Fai dunque, Lucilio mio, quello che mi scrivi, e sfrutta ogni ora. Se sarai padrone del presente, sarai meno schiavo del futuro. Tra tanti rinvii la vita corre via. Solo il tempo è nostro, nient'altro.

Solo di questa cosa, fuggente e incerta, la natura ci ha fatto padroni, e chiunque se vuole ce ne può privare. La stupidità degli uomini è tale che accettano venga loro messo in conto l'acquisto di cose insignificanti e senza valore, sempre compensabili, e nessuno invece si sente in debito per il tempo che prende agli altri, proprio il tempo, l'unica cosa che anche le persone più riconoscenti non possono restituire.

Ti chiederai forse come mi comporto io che ti do questi consigli. Sarò sincero: amo spendere ma senza esagerare, so fare i miei conti. Non posso dire di non perdere niente, ma tengo sempre il conto di quello che perdo, di perchè e di come lo perdo. So perchè sono povero. Mi succede quello che succede a quelli caduti in miseria senza averne colpa: tutti sono pronti a giustificarli, ma nessuno li aiuta.

E allora? Non considero povera una persona che ha quello che le basta, però penso che tu devi in tempo utile cominciare a mettere da parte le tue cose. Perchè, come dicevano i nostri antenati, non serve chiudere la stalla quando i buoi sono ormai scappati."

sabato 16 novembre 2013

LA DANZA DELLA MORTE














La Morte mi sfida,
la sua sfida è la vita,
vita,
arena in cui io e Morte duelliamo.
Mi muovo,
perchè essa incalza,
segna il tempo delle  azioni,
dei sentimenti.
Implacabile spinge,
al mio cedere vince,
al mio combattere arretra.
La sua falce prova ad affondare,
sulla fenditura del mio bozzolo.
E io danzo con Lei,
la danza del guerriero.





martedì 5 novembre 2013

COMBATTO

Io combatto, solo questo so. Ogni giorno, quando apro gli occhi, ho la certezza che dovrò combattere. E non mi tiro indietro, mai, perchè ho i miei obiettivi da raggiugere. Mi costa una fatica immane, e ci sono stati momenti in cui avrei volentieri deposto le mie armi e issato bandiera bianca. Ma mi è stato insegnato che rassegnarsi è controproducente, e che si deve avere il coraggio di affrontare qualunque cosa, ogni ostacolo e difficoltà. Quante ferite mi sono leccata, quanto sangue ho versato, e a quanta disperazione mi sono abbandonata. Ma non ho mai perso quel fuoco che mi spingeva ad andare avanti, a rifondere la mia spada, a rattoppare il mio scudo, a togliere le ammaccature al mio elmo. Sono stata umiliata, derisa, presa in giro, truffata, anche offesa, ma so quello che sono e  ho deciso tanto tempo fa che nessuno aveva il diritto di calpestarmi, approfittando della mia educazione, del mio autocontrollo, del mio buonsenso.
Mi sono appoggiata alla mia lancia mezza rotta e mi sono rialzata, a dispetto di quanti attendevano una resa, cingendomi d'assedio.
I remi in barca non li tiro mai, mi arrendo solo di fronte alla morte, ma se trovassi il modo, combatterei anche con lei, la pelle la vendo cara.
Nei miei momenti peggiori, mi sono ritirata in solitudine, magari ho pianto, ma ciò non mi ha impedito di  riflettere e di considerare gli errori da me commessi, e non ho mai pensato che le mie fossero le fatiche di Sisifo.
Non abbasso la testa e non la metto sul ceppo del boia, guardo sempre avanti, verso l'orizzonte, dove sono diretta, dove voglio andare, anche se sono costretta a cambiare andatura, dalla corsa al passo, ma vado avanti, su una strada che mai ho trovato piana, e che è di solito disseminata di ostacoli. Se ne trovo uno particolarmente ingombrante, mi siedo e lo studio, non importa quanto tempo mi ci vuole, osservo, prendo le misure, ne considero i lati troppo lisci e le punte impervie, le spine velenose, le trappole, e quando ho ponderato, riprendo ad andare avanti.
I miei passi sono lenti, forse, ma pesanti come piombo e dove arrivo non mi schiodo. Combatto.


sabato 2 novembre 2013

PULVIS ES ET IN PULVEREM REVERTERIS

No, non vado quasi mai al cimitero, i miei dolori me li porto dentro ogni giorno, sono un bagaglio, che abita dentro di me. A che guardare un sepolcro, e sostare davanti ad una tomba? Ho dentro tutto il ricordo di coloro che non ci sono più, vivo e forte.
Quel dolore non se ne va mai, è arpionato dentro, ci ho fatto l'abitudine, ma è lì, con le sue crisi acute, che si alternano a periodi di lieve sollievo, nel susseguirsi dei giorni.
Non vado al cimitero, come molti, che ogni giorno sono in pellegrinaggio alle tombe dei loro morti, guardare una lapide non mi basta, non mi consola, non allevia il mio dolore. L'assenza e il vuoto, questo è il cimitero che visito tutti giorni. 
Lì vi sono sentieri infiniti, che percorro pensando a  chi  mi ha lasciato anzitempo, non una foto sbiadita che mi guarda da un freddo granito, non i fiori appassiti, non le foglie stanche, che pugnalano i miei occhi, non le lettere in ottone, quelle fredde date che come un passaggio a livello delimitano il tempo passato in questo mondo.
Non vado al cimitero, non sopporto le chiacchiere inutili di quelli che incontro a fare il giro delle tombe, che commentano la vita di chi ormai vita non è più, ai morti non importa. E non importa a me, perchè per le chicchiere vi sono altri luoghi, e il cimitero è il luogo del silenzio, il luogo del rispetto, e tuttavia non mi piace. Non rifiuto la morte, essa fa parte della vita, senza l'una non v'è l'altra, ma  associo il cimitero a una prigione, un confino che serve a noi per tenere incatenati qui, coloro che ci hanno lasciato. 
Affidiamo al vento, all'acqua le ceneri dei nostri morti, lasciamo che se ne vadano, è inevitabile che portino con sè anche una parte di noi, ma il loro compito  qui è finito, e la mia mente rifiuta di incatenarli in queste silenziose città dove brillano solo lumini notturni.
"Pulvis es et in pulverem reverteris (Polvere sei e polvere ritornerai)", e lasciamo dunque che la madre terra,  si riprenda ciò che ha dato, quando la scintilla divina ci ha creato.

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