Simply

Visualizzazione post con etichetta minestra. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta minestra. Mostra tutti i post

martedì 26 aprile 2016

In barba di micio, in bernecche, incappellata, incavolata

Dagli atteggiamenti degli animali, alle ubriacature, ai piatti tipici...motti e detti traggono ispirazione da tutto

IN BARBA DI MICIO: oziando, senza far nulla. Dice il Rigutini e Fanfani: "Stare agiatamente e quasi pavoneggiandosi a suo agio, come fa il gatto satollo, che se ne sta seduto, leccandosi ogni tanto i baffi"

IN BERNECCHE: un po' ubriaco; sbronzo, ma non in modo sconcio. Secondo il Giacchi deriverebbe da "bernesco", perchè "apesso gli avvinazzati scherzano e cianciano lietamente". Dice il Camaiti in Parva selecta:
Vogliono dir ch'io sono un crapulone,
perchè amo il Chianti e adoro le bistecche;
ma non mi busco mail l'indigestione
e nessuno mia hamai visto in bernecche 


INCAPPELLATA: raffreddore, costipazione. "Prendere una incappellata"

INCAVOLATA: non è, come i pochi toscani sospeterebbero, un'arabbaitura, dal gergale "incavolarsi" eufemistico di "incazzzarsi" e, quindi, "incazzzatura". A Serrevezza e a PIetrasanta, in Versilia , si chiama INCAVOLATA la minestra tradizionale nella quale, oltre alla farina di granoturco, alla salvia, al lardo e ai fagioli freschi, entra il cavolo nero



martedì 5 gennaio 2016

Cacciucco

CACCIUCCO: è la famosa zuppa di pesce di Livorno e della Versilia, e non ha nulla a che vedere nè col brodetto adriatico, nè con la bouillabaisse marsigliese, nè con la romana "zuppa alla marinara". E' una specie di succulenta opera e ballo, minestra-pietanza-contorno tutto insieme; un trionfo di sapore di profumo con una nome dialettale livornese (qualcuno dice CACIUCCO, derivato dal turco kukut che vorrebbe dire "minutaglia").


La sua ricetta è antichissima (i Foci la esportarono in Provenza, Petronio la fece conoscere a Nerone) e da Livorno a Viareggio, lungo il litorale tirrenico, può variare a vantaggio o a svantaggio dell'aggressività piccante e del potere infocante, a seconda dell'uso locale.

Com'è fatto il vero cacciucco dei pescatori lo rivela una vecchietta viareggina nel Tìramo a campà  di Anotnio Morganti, e vale la citazione. In dialetto naturalmente:

"Il cacciucco è 'l cacciucco e basta, Quando si vol di' di tante 'osce mescolate, o 'un dimo che era cacciucco? E allora ci vole anco il miscuglio di pesci se vol esse' cacciucco. Se lo voglino fa' senza 'ppescai co' le lische, ni mèttino un antro nome e 'un offendino il nostro cacciucco. Per fa' bono l' cacciucco ci vole la su' triglia, la su' boga, il su' fraulino, il pescio capponem il capocchione, la storzola, una bella tràcina, e po' la seppia, il polpo, il gronzo, un po' di palombo, le ceàle e più quand'eno 'ncorallate.

"Ma ne lo fai col peporone?
"E se no di 'he ssa? Mario di Bombetta bon'anima diceva che peporone rinfresca e che fa meglio del pepe
"La mi' nòra un celo vole.
"Però n'ai a ddì alla tu' nòra, annanzi che avecci d'intorno le' ci vorèi, bello pezziente, un peporone laggiù in duve 'un ci batte 'l sole! Lo voi fa' bono il cacciucco? Mètte al foo il laveggio, coll'olio assai e un bel battuto fino fino d'aglio e di peporone di vello rosso. Quando smette di schioccà, titici mezzo bicchiere di vino bono, ma sta' attenta che 'un sii di vello dolce; quand'è ritirato il vino, buttaci la seppia e 'l polpo tagliati a pezzi; le granfie io ne le lasso saneperchè po' mi garba ritrovaccele; vesta seppia e il polpo devino arosola' ammodo e quando t'accorgi che eno arosolati addoci tutto co' una tazza o due d'acqua calda e conserva, giusta, di vella bona o il pumidoro ma di vello fresco quando c'è. Qunad'è sull'olio, burra giù 'ppesci, un quarto d'ora e' l cacciucco è fatto. Inatanto a parte, devi avè preparato nella zuppiera le fette del pane, di vello che pare fatto 'n casa, abbustolite e agliate; ci tiri sopra il cacciucco, aspetti che 'l pane sia 'nzuppato e po' serviti e mangia con pro che mangi bene"



mercoledì 4 novembre 2015

A Lucca ti rividi, a me la minestra 'un me la incàci

A LUCCA TI RIVIDI: antico modo proverbiale per dire ironicamente "non me ne voglio impicciare; non ne voglio sapere". Si usa anche quando si teme di non rivedere più un a cosa data in prestito oppure una persona. Sull'origine sono concordi sia il Serdonati, poligrafo e grammatico fiorentino del '500, che il lucchese Tommaso Buono il quale, nel suo Teatro de' proverbj spiegava: "Avendo un gentiluomo lucchese veduto in Lucca un gentiluomo pisano, usò seco cortesia invitandolo a desinare a casa sua, condotto fu trattato con ogni sorta di umanità.


Partitosi il Pisano e ritornato alla patria, avvenne che fra poco tempo il Lucchese andò a Pisa dove parvegli convenvole salutare il suddetto Pisano. Trasferitosi alla casa di quello, dopo avere molte volte bussato, alla fine si affacciò il Pisano e gli disse che non sapeva chi fosse. Onde il Lucchese rispose: <<A Lucca ti védi, a Pisa ti conobbi>>. E con questo si licenziò".

Questo modo di dire fu usato anche dal seicentesco Lippi nel Malmantile racquistato, parodia burlesca della Gerusalemme liberata: 

Diratti che tu gli empia una sua tazza 
a un di quei fonti si' chiari e freddi
ma sela servi, a Lucca ti rivvedi

A ME LA MINESTRA 'UN ME LA INCàCI: a me non la dai a intendere!; con me non ce la fai! E' un modo di dire pisano

Licenza Creative Commons
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.