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domenica 14 febbraio 2016

Non sapevo ancora leggere

A volte ritornano, vividi, i ricordi dei primi anni della mia infanzia, così all'improvviso, scatenati da non si sa cosa. E così, lucido come non mai, si è aperto a me quel tempo che mi appare tanto lontano e felice, di quando mi mettevo di fronte ad una delle librerie di casa e prendevo un libro dell'enciclopedia, una lettera per volta, l'ordine non era importante. Erano libri grandi e pesanti, che quasi erano alti quanto me, profumavano di pelle e inchiostro e avevano quella sfumatura color tabacco un po' marmorizzata, che amo tutt'ora.


Con quei libroni mi accomodavo sul divano, e con un rito quasi religioso li aprivo, assaporando il profumo di quella carta pregiata e traslucida, su cui si susseguivano in ordine alfabetico tutte le parole dello scibile, cose, nomi, personaggi, città, stati, monumenti, animali, piante, fiori...Pagina dopo pagina  i miei occhi divoravano quei caratteri e quelle rare foto che disseminavano le pagine di quei tomi, alcune a colori, molte in bianco e nero.

Sul quel divano, con quei tomi così grandi, io mi astraevo da tutto e tutti, non c'era nulla che potesse distogliere la mia attenzione da quelle pagine, su cui lievemente passavo le mie piccole dita, come se attraverso i polpastrelli quella conoscenza passasse a me. Trascorrevo ore a sfogliare quelle pagine, osservando attentamente i volti di musicisti, poeti, scrittori, attori, personaggi politici, iperscrutando i loro occhi, le linee dei volti, chiedendomi cosa stessero pensando in quel preciso momento, e il valore delle loro esistenze.

Erano tante le domande che mi ponevo, una però mi martellava più di altre: perchè io mi trovavo lì in quel momento e non invece in altro tempo ad osservare quelle vite di cui l'enciclopedia era una testimonianza? Perchè a me era toccata quell'epoca, non quella dei Greci o degli Egizi, che tanto affascinavano la mia mente? Perchè ero nata in Italia e non in un altro paese del mondo? Non ricordo di aver esternato queste domande, di aver chiesto spiegazioni in merito, ma ricordo che a parte i miei familiari, erano diverse le persone cui risultava strano che una bambinetta di circa quattro anni, stesse delle ore a sfogliare libri che ancora non sapeva leggere o tantomeno capire.

Non sapevo leggere, non nel senso comune del termine, ma sentivo, attraverso i miei polpastrelli quello che quei caratteri d'inchiostro contenevano, ciò che quelle pagine significavano, e assimilavo luoghi, edifici, civiltà, molecole, invenzioni, animali e piante, fatti e persone. Non sapevo leggere, ma sapevo dove trovare quello che cercavo, perchè vedevo dentro quei libroni anche quando erano chiusi e riposti in ordine sulla libreria. E quando una domanda mi assillava, io andavo, e scorrendo con un dito le grosse costole di quei tomi mi fermavo su quello dove, pur se non coscientemente, trovavo la risposta.


lunedì 14 dicembre 2015

La collera, dal libro delle risposte aperto a caso

"Una città smatellata o senza mura,
tale è l'uomo 
che non sa dominare la collera"

Proverbi 25,28

martedì 8 dicembre 2015

Dal libro delle risposte aperto a caso: un motto di Plutarco


"Molte cose che non possono essere 
superate quando sono assieme cedono 
da sè quando prese a poco a poco"

Plutarco


lunedì 2 novembre 2015

Habent sua fata libelli

Questo adagio lo dedico a tutti coloro che scrivono per passione, come me. Già ai tempi dei nostri antenati latini, chi scriveva sapeva che il successo o meno di un "libro" dipendeva da come il pubblico lo avrebbe accolto. Tutto il mondo è paese praticamente. E il passato è fatto di corsi e ricorsi storici.

Habent sua fata libelli: i libri hanno una loro sorte predestinata. Terenziano Mauro, De litteris, syllabis et metris. Attribuito impropiramente a Orazio. La frase comincia con le parole De (o Pro) captu lectoris e significa tutta insieme: "I libri (letteralmnte libretti) hanno la loro fortuna a seconda di come li accoglie (li recepisce) il lettore", e possono avere fortuna o sfortuna per ragioni a volte misteriose, oppure intendendo che destino dei libri è prima o poi di essere dimenticati (e noi speriamo proprio di no).

domenica 23 agosto 2015

Vinum dolce gloriosum

Un buon bicchiere di vino se saputo degustare è un ottimo modo di rilassarsi, magari accanto ad un libro  con i cibi giusti per esaltarne il sapore e creare armonia fra bevanda e buona cucina. Sono cresciuta in una famiglia di buoni intenditori, e ogni tanto ci piace stare insieme intorno ad una bottiglia e perderci in commenti sul "succo d'uva".

Vinum
A questo proposito non è solo importante per me saper degustare, nei limiti delle mie poche conoscenze, ma associare anche quella parte di cultura che ne parla, e che in un certo senso ha contribuito alla fama del prodotto in questione, in questo caso il vino.

Così ho trovato un vecchissimo canto goliardico medioevale, che riassume in pochi versi le qualità straordinarie del vino e che voglio condividere con voi. Magari troverete l'occasione di recitarlo durante una cena o in compagnia degli amici. Stupirete ospiti e commensali.

"Vinum dolce gloriosum, pingue facit et carnosum
atque pectus aperit.
Vinum dolce, vinum purum reddit hominem securum et depellit frigora".
"Vino dolce glorioso, ti fa ricco e carnoso,
e apre il cuore.
Vino forte, vino puro, rende l'uomo sicuro e scaccia il freddo".

Non credo sia necessario aggiungere altro non credete?

venerdì 4 aprile 2014

L'ANIMA GEMELLA


Cercai una magara, che facesse magarìe. Volevo ritrovare l'anima gemella che persi un dì lontano. La magara stava nella foresta pietrificata, perchè lei lì abitava e le raccontai la mia pena.
La magara non parlava, mi guardava e pensava. Sembrava ignorare la mia angustia.
Poi così parlò:
"Se per avere l'anima gemella dovessi abitar in altra magione?"
"Lo farei" dissi
"Se per avere l'anima gemella potessi vederla solo attraverso uno specchio?"
"Lo farei" risposi
"Se per avere l'anima gemella  potessi solo sentirne la voce?"
"Lo farei" replicai
"Se per avere l'anima gemella ti fosse concesso toccarla solo una volta?"
"Mi sta bene" insistetti
"Se per avere l'anima gemella tu dovessi morire?"
"Per me va bene" ebbi a dire "io son già morta senza la mia anima gemella"
Aprì un libro, lesse parole, fece gesti, poi mi indicò una strada, mi disse di seguirla fino in fondo, senza voltarmi mai. Andai, andai,
avevo male ai piedi,
andai, avevo sete,
andai, sentii i morsi della fame, andai.
Laggiù trovai l'anima gemella, quella mia, ed ebbi quell'unico tocco di eternità.


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