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domenica 27 marzo 2016

HANNO ASSALTATO LA BANCA DI SANTA CRUZ

Ho una passione per i film western di Sergio Leone, li conosco a memoria, battuta per battuta. Non mi stanco mai di vederli e rivederli se ne ho il tempo e la possibilità. 
Ne adoro le colonne sonore, così abilmente composte da Ennio Morricone, adatte ad ogni scena, e profondamente coinvolgenti.

Quando ero ancora una giovane e spensierata ragazza, piena di energie e di fantasia, e andavo selvaggiamente a cavallo, solevo, dopo gli allenamenti in campo con quell'inquisitore del mio istruttore, andare con il mio Lifar a rilassarmi passeggiando in campagna, lungo sentieri collinari, attraverso vigne, campi di girasoli e prati lasciati a maggese. Era come lasciarsi tutto alle spalle, una meditazione naturale, fatta del ritmo dell'andatura del mio cavallo, di luce del sole, di odori, di suoni di campagna, di siepi con i fagiani. Sola con Lifar e i nostri pensieri.

Il suo mantello color rame brillava come oro rosso, e il rumore dei suoi zoccoli sulla terra battuta o sul muschio, un mantra rilassante.
In questo nostro errare senza meta, c'era spazio per il gioco, e per qualche sosta a favore di uno spuntino, a base di frutta staccata dagli alberi (staccare una mela da un albero senza scendere di sella e gustarla insieme al tuo cavallo non ha prezzo), oppure di un riposino sotto una quercia, io con la schiena attaccata al tronco dell'albero e Lifar vicino che assaggiava qualche margheritina.

I nostri giochi erano semplici, a volte approfittavo di una sua distrazione per nascondermi e chiamarlo da dietro un cespuglio, ridacchiando nel vederlo con le orecchie dritte che, seguendo la mia voce, lo portavano al mio nascondiglio. Altre volte gli raccontavo che avremmo potuto avventurarci per un Marlboro Country, e fingerci cacciatori di taglie. Queste storie lo emozionavano, e io facevo finta che i campi da noi attraversati fossero canyons e praterie.

Ma più di ogni altra cosa, mi accorsi che era una frase che lo eccitava tantissimo, e lo faceva galoppare nitrendo allegro. Fu per caso un giorno, mentre eravamo di passaggio su un campo appena mietuto, che gli raccontai appunto la trama del film "Per qualche dollaro in più" di Sergio Leone, e presa dalla foga pronunciai a voce molto alta, una celebre battuta del film: "Hanno assaltato la banca di Santa Cruuuuuzzzz!"

Fu come aver schioccato la lingua, Lifar partì al galoppo con un gran nitrito, e via.....a salvare la banca dai banditi, attraverso quel campo canyon, con il poncho sulle spalle e il cinturone a sinistra (sono mancina io), gli ultimi raggi del sole morente sul viso, e il mio rosso destriero librato nell'aria magica di quella favola.


giovedì 5 giugno 2014

Come non risolvere un problema | Psicopittografia

Uno dei migliori procedimenti per chiarire una situazione confusa è di vedere ciò che non è possibile fare. Un atteggiamento che non produce assolutamente nulla è la distrazione. La distrazione impedisce di considerare un problema con uno spirito pronto a risolverlo. Consideriamo una forma comune di distrazione: il rumore. Siamo nell'età del rumore. Esso sovrasta ogni cosa, ogni amhiente. Ovunque andiamo, vediamo gente che vocifera. Non vi è nulla di strano nel fatto che non riusciamo a sentire la verità che ci libera. Voler risolvere i nostri problemi distraendo noi stessi coi rumori è come se si volesse sciogliere la circolazione stradale sonando il corno.

Ma una via d'uscita esiste. Possiamo renderci coscienti di tutti i rumori che spossano i nostri nervi, e constatare come ci distolgono dalla ricerca del vero Io. Dobbiamo gradualmente cessare di ascoltare questi rumori. Ciò restaura la percezione naturale della realtà; cominciamo a vedere le cose come sono e non come un mondo vociante le proclama. Ci accorgeremo che l'assenza di rumore, come la tranquillità interna, non è uno stato di vuoto sconcertante, come prima si pensava.

È esattamente l'opposto. È una nuova bellezza. È come se foste in un parco, a metà strada tra due orchestre, l'una che suona una dolce armonia e l'altra che produce un frastuono assordante. Mano a mano vi allontanate dal baccano della seconda orchestra, l'atmosfera si riempie delle meravigliose sinfonie che sentivate prima. L'idea del silenzio interiore non è un'idea sentimentale né realistica, ma reale. È qualcosa che possiamo utilizzare fin d'ora.
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