Simply

Visualizzazione post con etichetta distillazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta distillazione. Mostra tutti i post

giovedì 12 maggio 2016

Spagyria: preparazione di tinture ed essenze

Spagyria: preparazione di tinture ed essenze, non certo magia. Si tratta di un antico processo di estrazione dalle piante, dei principi potenti e vitali che poi saranno usati nella fitoterapia. 


Spagyria, non è una parola magica, che ci riporta a chissà mai quali formule magiche, ma una complessa procedura attraverso la quale si preparano tinture ed essenze dalle piante officinali. La sua origine si perde nella notte sei tempi, ed è una sintesi della conoscenza egizia e la tradizione alchemica. La parola Spagyria è formata dal greco “spao” che significa separare, dividere, e “agheiro”, cioè collegare, unire.

La pratica della spagyria è quindi una modalità di conoscenza e pratica che si fonda sulle basi filosofiche dell’antico Egitto e della nostra tradizione alchemica che ha nel medico Paracelso (1493-1541), uno dei più grandi esponenti. La spagyria è la preparazione di tinture ed essenze tratte dalle piante officinali (ma anche da ogni altro essere od oggetto naturale) tramite un complesso procedimento. Uno sviluppo ulteriore alla preparazione dei rimedi spagirici è stato dato dal medico tedesco Carl Friedrich Zimpel (1801-1897).

I vantaggi delle preparazioni spagyriche
Attento agli insegnamenti di Paracelso, Zimpel ha elaborato una metodologia particolareggiata di estrazione e lavorazione delle piante.. La produzione delle essenze spagiriche secondo il dr. Zimpel, si basa su tre procedimenti essenziali: fermentazione, distillazione e incenerimento. In tal modo si ricavano sia oli essenziali (sostanze aromatiche), sia i sali minerali della pianta, sia microelementi. Il vantaggio di queste essenze spagiriche risiede dunque nel fatto che contengono non solo delle sostanze organiche, ma anche delle materie inorganiche (sali minerali, oligoelementi). Inoltre, tramite le differenti fasi di lavorazione, viene utilizzata tutta la forza risanatrice della pianta.

Per le preparazioni spagyriche si utilizzano preferibilmente piante fresche raccolte in zone incontaminate o a basso inquinamento. Solitamente prima di essere utilizzate per la produzione, sono sottoposte ad un severo controllo di qualità che permette di rilevare la presenza di erbicidi, pesticidi e di metalli pesanti.

Il primo passo è costituito dalla fermentazione in acqua e lievito
La fermentazione è il processo che permette agli oli essenziali di liberarsi e alle sostanze aromatiche presenti in ogni pianta. A seconda del tipo di pianta la fermentazione può durare anche parecchie settimane. Durante la fermentazione, dei cambiamenti strutturali del materiale vegetale generano la formazione di nuove sostanze.

Il secondo passo è la distillazione a vapore d’acqua, attraverso cui si recuperano le sostanze aromatiche e l’etanolo estratto dalle piante durante la fermentazione. A questo punto questa tappa di produzione è terminata. Il distillato presenta un aroma molto gradevole che è rinforzato dal processo di fermentazione precedente.

Il terzo passo è l’incenerimento (calcinazione, secondo il termine alchemico) del residuo di distillazione. In questa fase i sali minerali e gli oligoelementi propri delle piante vengono estratti dalla massa vegetale, il processo di combustione elimina ogni traccia di sostanze organiche potenzialmente tossiche (alcaloidi).


domenica 21 giugno 2015

Gli oli essenziali, spremitura, distillazione in corrente di vapore, enfleurage

Spremitura: forse è la tecnica più antica, gli Egizi usavano la spremitura a sacco per estrarre l'essenza dai petali dei fiori. Seguendo questo sistema si pestavano le parti odorose di una pianta tagliata di fresco, si chiudevano in un sacco di lino che si torceva con l'aiuto di due bastoni infilati in due anelli posti alle estremità delsacco. L'essenza filtrava attraverso le tela e veniva raccolta in un contenitore sottostante. Attualmente vengono estratte in questo modo le essenze di agrumi, come il limone, il bergamotto, l'arancio ecc., spremendo la scorza esterna fresca del frutto.

Distillazione in corrente di vapore: è adatta per oli che hanno una forte componente volatile, e si basa sulla caratteristica che hanno queste componenti di essere facilmente trasportate da particelle di vapore acqueo in movimento. Si utilizza un distillatore simile a quello che serve per distillare l'alcool. La sostanza vegetale non viene posta direttamente sulla fonte di calore, per non degradare l'olio, bensì su una grata che si trova sopra un contenitore in cui bolle l'acqua. Le particelle di vapore acqueo, salendo verso l'alto fanno scoppiare le cellule contenti l'essenza e trascinano con sè le molecole odorose. Il vapore viene poi fatto passare attraverso un contenitore refrigerante, dove la temperatura si abbassa, provocando il distacco delle molecole oleose dalle particelle di vapore, cje si condensa in acqua; olio e acqua si separano a causa del differente peso specifico: l'olio galleggerà sull'acqua , essendo più leggero. Attraverso un rubinetto viene fatta defluire l'acqua che conterrà le componenti idrosolubili dell'essenza (acqua aromatica), e così si ottiene l'olio essenziale puro. Talvolta gli oli ottenuti vengono sottoposti a un'ulteriore distillazione, chiamata rettificazone, per eliminare alcune sostanze particolarmente irritanti come avviene per esempio con il timo, oppure vengono ridistillati a temperature diverse per ottenere determinati costituenti, come per la canfora bianca. La resa di questa tecnica  è molto bassa, per la scarsa quantità di essenza contenuta nel materiale di partenza: si va dallo 0,02% della melissa al 2-3% della maggior parte delle essenze.

Enfleurage: consiste nel solubilizzare i principi odorosi in materie prime. Questo metodo era molto diffuso nell'antichità in Persia, per produrre l'unguento di rosa, e in Egitto. Su apposite graticole si distribuiva uno strato di grasso animale e sopra di esso si spargevano i petali dei fiori più delicati. I fiori, appassendo, impregnavano il grasso con la loro essenza e venivano continuamente sostituiti con fiori freschi, finchè il grasso si saturava di profumo. Gli Egizi usavano riempire con il grasso profumato un cono che veniva posto sopra la testa: con il calore del corpo, il grasso a poco a poco si scioglieva, liberando la fragranza dell'essenza. Attualmente questa tecnica si utilizza raramente per l'alto costo, e si riserva per alcuni fiori estremamentedelicati quali il gelsomino, la tuberosa. i fiori d'arancio. La sostanza così ottenuta ha un'elevatissima concentrazione e viene poi diluita e trattata con altri solventi che sciolgono la materia grassa.

sabato 30 maggio 2015

La purezza, garanzia di efficacia degli oli essenziali

 Per essere pienamente efficaci, le piante devono provenire da luoghi di coltivazione favorevoli, ed essere state raccolte, preparate e conservate con cura. Ma purtroppo in commercio vi sono molte contraffazioni. Di conseguenza l'efficacia lascia a desiderare svalorizzando l'uso e la conoscenza degli oli.

La produzione delle essenze avviene con un rendimento molto basso, infatti per ottenere pochi grammi di essenza occorre una grande quantità di vegetale. Come difendersi dalle contraffazioni? Una piccola accortezza può essre quella di verificare se l'essenza in questione può essere assunta anche per via orale (in caso contrario è quasi sicuramente contraffatta) e se sono disponibili in commercio le acque aromatiche derivate dal processo di distillazione dell'olio. Infatti, queste acque, che conservano in sè le parti idrosolubili dell'essenza estratta per distillazione, costituiscono dei tonici molto salutari e pregiati da impiegare per la cura della pelle.

 Se la casa produttrice di olio essenziale non dispone delle corrispondenti acque aromatiche, dal momento che sicuramente non vengono buttate via, ciò fa fortemente sospettare che le essenze non vengano prodotte in modo non naturale. Inoltre è difficile che nella stessa azienda venga estratto un eccessivo numero di essenze diverse. Un'altra accortezza è informarsi, per quanto possibile, sulla serietà delle ditte podruttrici e cercare dei referenti seri, che siano in grado di comunicare notizie su questi dati di produzione: è un diritto dell'acquirente esigere che queste informazioni gli vengano date.


martedì 25 febbraio 2014

Oggi nella mia rubrica:Dalle inquinanti buste di plastica arriva il diesel

I sacchetti di plastica sono estremamente inquinanti, non sono biodegradabili e quindi pericolosi. Certo è che se ci fosse un modo per riciclarli e farli tornare a nuova vita sarebbe un vantaggio per tutti e soprattutto per l'ambiente. Uno studio  svolto dall'Illinois Sustainable Technology Center, ha trovato il modo di rendere “utile” uno dei principali nemici dell'ambiente. Pare infatti che possano trasformarsi in diesel.
Durante tale processo di trasformazione, si produce più energia rispetto a quella necessaria per alimentare la reazione. Il risultato è costituito da carburanti per i trasporti, soprattutto diesel, che secondo gli scienziati, può essere mescolato con biodiesel a bassissimo contenuto di zolfo. Ma non solo. Oltre al diesel, dalle buste di plastica è stato possibile ottenere altri prodotti, come il gas naturale, la nafta, la benzina, alcune cere e oli lubrificanti. Come? La tecnica americana consiste nello scaldare i sacchetti in una camera priva di ossigeno, un processo chiamato pirolisi. Nota anche come piroscissione, essa consiste nella decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuta mediante l’applicazione di calore e in completa assenza di un agente ossidante, in questo caso l'ossigeno. Per dare un'idea, dalla distillazione del petrolio greggio è possibile ottenere solo dal 50 al 55% di carburante, spiega Brajendra Kumar Sharma, a capo dello studio. Ma dai sacchetti, costituiti da petrolio, si può recuperare quasi l'80 per cento per farne carburante tramite distillazione. Studi precedenti avevano utilizzato la pirolisi per convertire i sacchetti di plastica in petrolio greggio. La squadra di Sharma invece ha ulteriormente portato avanti la ricerca sul frazionamento del petrolio greggio in prodotti petroliferi diversi e ha testato le frazioni diesel per vedere se rispettavano le norme nazionali (americane) sui combustibili a bassissimo contenuto di zolfo. “Una miscela di due frazioni distillate, fornendo l'equivalente di diesel # 2, ha soddisfatto tutte le specifiche richieste da altri combustibili diesel in uso oggi, dopo l'aggiunta di un antiossidante,” ha spiegato Sharma. “Questa miscela diesel ha un contenuto di energia equivalente, un numero di cetano più alto e una migliore lubrificazione del gasolio a bassissimo contenuto di zolfo”. In questo modo, gli americani potrebbero affrontare la gestione dei sacchetti di plastica, anche se non è ancora chiaro cosa comporterebbe un simile processo in termini di produzione di emissioni inquinanti. Ciò che è certo è che attualmente gli americani buttano via circa 100 miliardi di sacchetti di plastica ogni anno. La US Environmental Protection Agency riferisce che solo il 13 per cento viene riciclato. Il resto finisce nelle discariche o peggio ancora nei corsi d'acqua e in mare. Le conseguenze sono note a tutti, sopratutto agli animali. Le tartarughe, i pesci e molte altre creature trovano spesso la morte a causa delle buste. Se l'Italia le ha finalmente messe al bando e l' Europa si appresta a seguire il nostro esempio, negli States, a parte alcuni Stati come la California, ancora non se ne parla di dire addio alle inquinanti buste di plastica. Riutilizzarle per produrre carburante può rappresentare dunque una strada da percorrere? Per utlizzare le tonnellate di sacchetti che già circolano per il mondo, forse sì, ma non sarebbe meglio impegnarsi per un cambio radicale di prospettiva che ci affranchi una volta per tutte dalla dipendenza dal petrolio?
Licenza Creative Commons
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.