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domenica 29 maggio 2016

Harappa, civiltà misteriosamente estinta

Harappa, civiltà misteriosamente estinta circa cinquemila anni fa, proprio quando godeva il suo massimo sviluppo e splendore. Eppure era una civiltà evoluta, perché si è misteriosamente estinta?


Le misteriose civiltà hanno sempre avuto su di me un'attrattiva incredibile, come la Civiltà della Valle dell'Indo che, cinquemila anni fa, godeva il suo massimo splendore. Si estendeva fra il Pakistan, l'India nord occidentale e l'Afghanistan orientale ed era tra le più importanti culture. Gli scavi che si sono susseguiti a partire dagli anni venti, hanno portato alla luce interessantissimi reperti fra  edifici, manufatti, rotte commerciali e un sistema di scrittura tutt'ora da decifrare. Ma fra i 3900 e i 3000 anni fa cominciò però un progressivo declino di cui non son chiare le cause. Una delle ipotesi fatta dagli studiosi è che probabilmente il diminuire delle piogge che facevano straripare i fiumi, rese di fatto impossibile la coltivazione della terra e fece sì che la popolazione si spostasse.


Liviu Giosan della Woods Hole Oceanographic Institution, negli Usa, in uno studio pubblicato su Pnas spiega: “Abbiamo ritenuto fosse finalmente ora di contribuire al dibattito sulla misteriosa fine di questo popolo”. Il lavoro del suo team, condotto  in Pakistan dal 2003 al 2008 ha potuto raccogliere e mettere assieme dati archeologici e geologici. Sono state elaborate mappe digitali del territorio grazie a foto satellitari e dati topografici collezionati dalla Shuttle Radar Topography Mission. La seconda fase si è esplicata nella raccolta e analisi di campioni del terreno per risalire all’origine dei sedimenti e comprendere come sonostati modificati nel tempo dall’azione di fiumi e vento. Grazie all'insieme di tutti questi dati è stato ricostruito lo scenario che vide l’ascesa, e il declino, della civiltà.

E' apparso che il destino della popolazione di Harappa, dipendeva dai monsoni. All’inizio, le piogge abbondanti alimentavano l’Indo e gli altri fiumi provenienti dall’Himalaya provocando inondazioni che lasciavano le pianure circostanti molto fertili.  Quando i monsoni iniziarono a diminuire, i fiumi smisero di straripare e la popolazione fu libera di costruire i suoi insediamenti lungo i corsi d’acqua, dove la fertilità del terreno rese fiorente l’agricoltura. Ma la scarsità di piogge limitò le pratiche agricole e costrinse la popolazione a spostarsi verso est nella piana del Gange, dove le piogge continuavano.
Tutto ciò trasformò totalmente la cultura: le grandi città lasciarono il posto a piccole comunità agricole, segnando la fine della civiltà urbana della Valle dell’Indo.

Inoltre i ricercatori credono di aver dato una risposta anche al mistero del famoso fiume Sarasvati, uno dei sette fiumi che, secondo gli antichi testi indiani Veda, attraversava la regione a ovest del Gange e veniva alimentato dai ghiacciai perenni dell’Himalaya. La teoria più attendibile è che il Sarasvati corrisponda al Ghaggar, un fiume intermittente che scorre solo nella stagione monsonica per poi dissiparsi nel deserto lungo la valle di Hakra. Se ciò fosse vero, i dati geologici non confermerebbero l’origine himalayana del Sarasvati. A quanto pare  il fiume è sempre stato alimentato dai monsoni e in seguito la desertificazione lo abbia infine ridotto a un corso d’acqua stagionale.

Grazie al ritrovamento di n sito archeologico al largo delle coste occidentali dell’India sembra che la civiltà indiana potrebbe essere antica di 9000 anni fa, diventando di diritto una delle più antiche del mondo. Le immagini catturate da un sonar del fondo marino hanno rivelato l'esistenza di strutture che somigliano a quelle costruite dall’antica civiltà Harappa. Si tratta della prima scoperta di strutture così antiche sotto la superficie del mare.



venerdì 25 marzo 2016

La Pietra di Dashka: una mappa in 3D degli Urali vecchia 120 milioni di anni

Alcune teorie archeologiche espongono la tesi che, nel passato, vi siano stati cataclisimi che hanno completamente spazzato via dalla faccia della terra civiltà fiorenti e molto avanzate. A testimonianza di questa teoria, vi sono artefatti molto particolari la cui complessità non può far altro che confermare questa ipotesi. Uno di questi non molto noto in occidente è la la Pietra di Dashka, nota anche come Mappa del Creatore. E io ogni volta mi convinco sempre di più che noi non abbiamo fatto altro che ereditare queste avanzatissime conoscenze, in certi casi non solo le abbiamo ereditate male, ma non le abbiamo sapute comprendere e nemmeno sfruttare.

Un gruppo di scienziati della Bashkir State University sono convinti che le prove dell'esistenza di civiltà dalle avanzatissime conoscenze e proprietarie di tecnologie molto avanzate, si troverebbero su una grande lastra di pietra scoperta nel 1999, sulla quale sarebbe impressa una mappa tridimensionale realizzata con una tecnologia sconosciuta. E' stato il professor Alexandr Chuvyrov, docente di fisica e matematica presso la Bashkir State University,  che,  mentre era alla ricerca di circa 200 lastre di pietra riportate nei resoconti di alcuni archeologi del 18° secolo e che avrebbero fornito la prova dell’immigrazione cinese sugli Urali, si ritrovò invece fra le mani la Pietra di Dashka.

La lastra fu portata all’università, e una volta liberata dalla terra residua, lasciò i ricercatori a bocca a perta. “A prima vista, mi sono reso conto che non era un semplice pezzo di pietra, ma una vera e propria mappa, e non una semplice mappa, ma una mappa tridimensionale”, spiega Chuvyrov. La Pietra di Dashka (così chiamata in onore del nipote dello scopritore) misura 1.48 m di lunghezza, 1.06 m di larghezza, conta uno spessore di 16 cm ed un peso di almeno di una tonnellata.

La particolarità di questa lastra è che essa presenta tre livelli topografici, notevolmente simili alla geografia unica di una precisa area dei Monti Urali. Lo strato più superficiale è costituito da uno strato di calcio porcellanato, apparentemente destinato a proteggere gli strati sottostanti dall’usura. La base della mappa è costituita da uno di dolomite, mentre la mappa è realizzata in diopside, un materiale talmente duro che sarebbe impossibile da scolpire senza l’aiuto di moderne tecniche di intaglio. Sulla base delle indagini radiografiche, è stato confermato che le incisioni sono state eseguite artificialmente con strumenti di alta precisione.

In un primo momento, il team dei ricercatori ha ipotizzato che l’antica mappa potesse essere stata realizzata dagli antichi cinesi, proprio per le iscrizioni verticali. Ma, dopo un particolareggiato esame dei caratteri, i ricercatori non sono riusciti a  decifrare le iscrizioni, abbandonando così la pista cinese. I segni geroglifici attualmente non sono stati ancora decifrati. Ma ciò che è più sorprende di questa misteriosa mappa in rilievo, è che gli esami utilizzati per datare la roccia hanno restituito un’antichità pari a 120 milioni di anni.

 “È stato difficile determinare un’età anche approssimativa della lastra. In un primo momento, la datazione al radiocarbonio ha restituito risultati diversi, lasciando poco chiara l’antichità della roccia”, ha dichiarato Chuvyrov. “Tuttavia, durante l’esame abbiamo trovato due gusci sulla superficie. L’età di una, era pari a 500 milioni di anni, mentre la seconda (Ecculiomphalus princeps) era di circa 120 milioni di anni”, epoca in cui, secondo Chuvyrov, è stata realizzata la mappa”. Anche i geologi sono d'accordo sul fatto che la mappa rappresenti la regione degli Urali conosciuta come Bashkiria, rimasta invariata dal punto di vista geologico per diversi milioni di anni. In particolare, la zona geografica specifica rappresentata sulla roccia è la regione di Ufa, e descrive in maniera minuziosa la ricchezza idrografica della zona, compresa tra i fiumi Sutolka e Ufimka.

Identificare i luoghi non è stato facile, in quanto la mappa è antichissima, ma la fortuna ha voluto che il territorio della Bashkiria non sia cambiato di molto nel corso degli ultimi milioni di anni ha spiegato Chuvyrov. Il canyon di Ufa è stato il punto cruciale delle prove effettuate: una volta condotti gli studi geologici è stato scoperto che la sua morfologia corrisponde a quella tracciata sulla mappa. Ma è pur vero che, benché la mappa sia grandemente somigliante con la zona che presumibilmente identifica, mostra anche notevoli differenze. Infatti secondo gli studiosi, alcuni tratti mostrati nella mappa sembrano indicare opere mastodontiche di ingegneria civile: un sistema di canali che si estende per circa 12 mila km, con chiuse e 12 potenti dighe.

Non lontano dai canali, sono incisi motivi a forma di diamante il cui significato è tuttora sconosciuto. Secondo quanto rivelato dalla mappa, il fiume Belaya sembra un’opera di ingegneria, piuttosto che una formazione naturale. Alcuni scienziati, colleghi di Chuvyrov sono propensi a credere che la mappa potrebbe essere solo il frammento di una mappa più grande. Altri ancora pensano addirittura che questa lastra sia solo la punta dell’iceberg di un’intera mappa della Terra realizzata in scala. Ma, a fronte di tutto ciò rimane la domanda che ormai spesso ci facciamo: chi ha creato una mappa tridimensionale tanto accurata oltre 100 milioni di anni fa? E quali informazioni rivelano i geroglifici scolpiti lungo il suo lato?

Per non scadere in ipotesi che sminuirebbero il significato di una tale scoperta, l’autore della mappa è stato chiamiato semplicemente "Creatore". E' chiaro però che chiunque abbia realizzato la mappa, dovesse essere in possesso di tecnologia aerea per mappare l’intero territorio. Ai nostri giorni, la realizzazione di topografie tridimensionali richiede l’utilizzo di computer dalla elevata potenza di calcolo e indagini aerospaziali di tipo satellitare. Allora chi ha relaizzato un artefatto così tecnologicamente avanzato 120 milioni di anni fa? Ci sono ancora molte domande senza risposta che circondano la Pietra di Dashka, ma di sicuro essa indirizza la nostre riflessioni  verso un modo alquanto differente ciò che tradizionalmente abbiamo sempre pensato del genere umano: dobbiamo darci del tempo per abituarci a questa nuova concezione della nostra storia ed evoluzione.

martedì 22 marzo 2016

I Chachapoyas, i misteriosi Guerrieri delle nubi

35 sarcofagi appartenenti alla cultura Chachapoyas sono stati rinvenuti da un team di  archeologi nella regione di Amazonas in Perù. I sarcofagi sono piccoli per cui gli studiosi  pensano che si tratti di un cimitero per bambini. Tra l'altro, il luogo della sepoltura è rivolto verso ovest, fatto molto insolito per i cimiteri Chachapoyas. La civiltà Chachapoyas, nota anche come Guerrieri delle Nubi, fu una potente e misteriosa popolazione che fiorì nel 800 d.C. e che fu fiorente fino a poco prima della conquista spagnola del Nuovo Mondo, quando furono conquistati e inglobati nell’impero Inca.

La zona che essi occuparono fu la zona andina presso le foreste nebbiose della regione di Amazonas nel Perù odierno, distinguendosi per i loro incredibili sarcofagi chiamati purunmachu. I sarcofagi venivano realizzati con l’argilla e poi decorati con cura, vi venivano dipinti i volti e i corpi e poi allineati sul bordo della scogliera come sentinelle a guardia dei morti. Ma questa che gli archeologi hanno fatto, è una rara scoperta.


I reperti infatti presentano una caratteristica unica,  misurano solo 70 centimetri di altezza, caratteristica questa che ha fatto dedurre ai ricercatori, che all’interno vi si trovino corpi di bambini e che questo gruppo di purunmachus sia un cimitero esclusivamente per coloro che sono morti in giovane età. La scoperta è stata fatta nel mese di luglio del 2013 ma solo nel mese di settembre i ricercatori sono stati in grado di raggiungere il sito per confermare il ritrovamento. Altro fatto stupefacente è che i sarcofagi sono stati orientati tutti verso ovest, fatto insolito per i cimiteri Chachapoyas.

A tuttora, i sarcofagi non sono stati ancora aperti poichè come affermato da Manul López Cabañas del Ministero regionale di Commercio Estero e del Turismo, essendo una scoperta unica al mondo  è necessario proteggerla e integrarla nel circuito turistico.  I primi purunmachus sono stati scoperti nel 1928, quando un forte terremoto scosse la valle di Utcubamba in Perù, facendo precipitare da una delle colline che circondano la valle un’enigmatica statua di argilla alta circa 2 metri e con la mascella quadrata. Presto gi archeologi si resero conto di trovarsi di fronte ad una scoperta estremamente rara, in quanto la statua era in realtà un sarcofago, nel cui interno vi erano i resti di un individuo avvolto accuratamente in un telo.

Il corpo risaliva intorno al 1470 a.C. come risultò dalla datazione al radiocarbonio, epoca in cui il popolo Chachapoya venne travolto dagli Inca. Secondo lo studio condotto, i sarcofagi venivano primariamente eretti lungo un muro circolare basso posto su una sporgenza rocciosa. Poi, il corpo del defunto veniva avvolto nel tessuto e inserito nel contenitore. Infine, il sarcofago veniva verniciato di bianco e decorato con collane, pettorali e piume. Il viso e i genitali venivano colorati con i toni del giallo e del rosso. Nel sito di Carajia, le punte coniche dei purunmachus sono completate con un teschio umano posto sulla parte superiore. Diversi siti di sepoltura sono impreziositi da pittogrammi che rappresentano scene di pastorizia o di caccia, affiancate da figure umane con raggi provenienti dalle loro teste, probabilmente acconciature piumate.

Purtroppo con la scomparsa della cultura Chachapoya i sarcofagi non furono più ritenuti sacri e quindi la maggior parte di essi furono profanati e distrutti dai saccheggiatori in cerca di eventuali ricchezze che potevano trovarsi all’interno.

Il centro di questa cultura precolombiana era sito presso il bacino del fiume Utcubamba. Dai  ritrovamenti archeologici si è dedotto che i Chachapoyas si stabilirono in questa regione a partire dal 200 d.C., prosperando fino a poco prima dell’arrivo degli spagnoli nel 16° secolo, quando l’Impero Inca conquistò i loro territori, portando alla graduale cancellazione della loro cultura e delle loro tradizioni.

Tutto ciò che sappiamo di questa enigmatica cultura proviene dagli Inca stessi e dalle cronache dei Conquistadores. Un cronista e storico spagnolo Pedro Cieza de León (c.1520 – 1554) scrive che si tratta delle “più bianche e più belle persone che abbia visto nelle Indie…”. Anche da altri indizi si evince che i Chachapoyas avessero la pelle di colore più ‘chiaro’ rispetto agli altri nativi della regione, il che rende più enigmatica l’origine di questo popolo. Altre informazioni ci vengono dalle  rovine, dal vasellame, dalle tombe e altri manufatti. Il sito più famoso è la fortezza di Kuelap, un imponente complesso che si trova nei pressi della città di Chachapoyas, nel nord del Perù. Cos'altro ancora non sappiamo di questa straordinaria civiltà?

lunedì 12 gennaio 2015

Amare e aiutare i bambini

I bambini di oggi diventeranno la civiltà di domani, quindi mettere al mondo un bambino oggi è lo stesso che gettarlo in una feroce arena. Essi non sono in grado di padroneggiare il loro ambiente e hanno bisogno di amore e aiuto per potercela fare nella vita perchè non hanno alcuna reale risorsa. L'argomento non è facile, anche perchè le teorie sul modo di allevare o non allevare i figli sono numerose quanto i genitori stessi.

Ma farlo nel modo sbagliato può creare non pochi problemi o addirittura sofferenza, del resto si sa, ci sono quelli che vogliono allevare i figli nel modo in cui sono stati allevati loro, altri che invece fanno l'opposto, altri invece son dell'opinione che i figli crescano da soli. I bambini sono come fogli bianchi su cui si deve ancora scrivere, ma se su questi fogli si scrivono cose sbagliate, egli dirà o farà cose sbagliate.


E' enormemente sbagliato cercare di comprare un bambino sommergendolo di giocattoli o regali, o soffocarlo nel tentativo di proteggerlo, i risultati possono essere disastrosi. Bisogna pensare cosa vorremmo che il bambino diventasse. E questo può dipendere da diversi fattori: ciò che il bambino può diventare in base alle sue innate capacità e personalità; ciò che il bambino stesso vuol diventare; ciò che si vuole che il bambino diventi; le risorse disponibili.

Al di là del prodotto di questi fattori quello che conta è che il bambino acquisisca fiducia in se stesso e abbia un livello morale molto alto, altrimenti il risultato sarà piuttosto rischioso. Un bambino non può vivere bene e a lungo se non viene indirizzato sulla strada della sopravvivenza e la società odierna è fatta apposta per far fallire un bambino.

Essere amici dei bambini è una delle chiavi che può aiutarli a risolvere i loro problemi di tutti i giorni senza annientare le soluzioni da loro proposte, ma aiutarli a risolvere. I bambini vanno osservati, vanno ascoltati, è questo il loro modo di aiutarci, è il modo per una reciproca e profonda comprensione. I bambini non stanno bene senza amore perchè loro ne hanno tantissimo da dare.

Ecco perchè dovrebbe essere  un nostro preciso dovere amare e aiutare i bambini sulla via della felicità, dalla prima infanzia fino alle soglie dell'età adulta.


giovedì 31 ottobre 2013

ELUCUBRAZIONI DI UN GIOVEDI' POMERIGGIO

Ci fu un tempo in cui pensavo a come sarebbe stata la mia vita se fossi nata in tutt'altra epoca. Ma passando in rassegna la storia dell'uomo, riandavo sempre ai tempi delle più antiche civiltà del mondo, quasi alla genesi dell'uomo. Agli antichi misteri degli  Egizi, dei Sumeri e degli Assiri, a quello strano e quanto mai moderno partrimonio di conoscenze astronomiche e matematiche, forse un po' magiche che quei sapienti detenevano, così lontani eppur così vicini e presenti.
A volte mi sorprendevo intenta a ricordare chissà cosa, di accaduto così lontano nel tempo, quasi vi fossi appartenuta veramente, eliminando tutti quegli oggetti moderni che fanno parte della nostra vita e che forse un tempo non esistevano o, come secondo certe teorie asseriscono, esistevano e se ne faceva un uso molto più consapevole e utile all'umanità.
Ricca, povera, schiava, uomo o donna? Sacerdotessa,  soldato, architetto, chi mai?
Di libri sulla vita quotidiana nell'antichità ne ho letti tanti, ma nulla mai  poteva saziare quella curiosità, di vivere in quei tempi, vedere battaglie, partecipare ad intrighi, incontrare Nefilim, i giganti, figli degli angeli caduti e delle figlie degli uomini, eroi forse delle saghe omeriche, semidei dalle facoltà sovrumane, dialogare con i filosofi, vedere le Piramidi in tutto il loro abbagliante splendore e osservare la costellazione di Orione così come esse, la testimoniano oggi, indagare i misteri della morte, della notte e del giorno.
Era un tempo in cui se avessi potuto mi sarei dedicata all'archeologia, a capire il perchè della fine e dell'inizio, della perdita di conoscenze incredibili, del perchè tanti miti sono comuni a civiltà che si presuppone non si siano mai incontrate, per esempio quello del diluvio. 
Tutte le mie speculazioni probabilmente erano rivolte all'imperituro perchè: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, domande che però ho sempre avuto l'impressione affliggano più noi che quei popoli così evoluti. 
Anzi, sono convinta che, di come siamo adesso, avrebbero abbondantemente riso, come avrebbero considerato vuoti e vani i valori a cui facciamo riferimento, peccato davvero aver sbagliato epoca.



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