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mercoledì 11 novembre 2015

Qui fugit patellam cadit in prunas

I nostri vecchi antenati la sapevano lunga, parecchio lunga. Anche questo è un proverbio che poi si è tramandato tale e quale in italiano e che si usa frequentemente anche oggi. Non so voi, ma io lo dico spesso, di occasioni per esibirlo in italiano o in latino ve ne sono a iosa.

Qui fugit patellam cadit in prunas: Chi fugge il vassoio cade sui carboni accesi. Derivato da Lucano (3,687). In Tertulliano De carne Christi, era: De calcaria in carbonariam pervenire (dalla fornace per la calce, finire in quella per il carbone), e che nel tempo è diventanto il nostro "cadere dalla padella nella brace"

giovedì 24 aprile 2014

Come è nata la teoria della Scimmia acquatica | Varie

Come è nata la storia della teoria della “scimmia acquatica”? Le radici di questa teoria si perdono nel  1942, quando il biologo tedesco Max Westenhofer, in un suo libro, ipotizzò che i primissimi stadi dell’evoluzione umana fossero avvenuti in prossimità dell’acqua. Ecco cosa scrisse: “Postulare un modo di vita acquatico in una fase precoce dell’evoluzione umana è un’ipotesi sostenibile, per la quale si possono produrre ulteriori indagini e elementi di prova”. In realtà la paternità della teoria appartiene al biologo marino Alister Hardy che, già nel 1930, aveva ipotizzato che gli esseri umani potessero aver avuto antenati acquatici.

Egli però, divulgò questa teoria nel 1960 in occasione di un discorso tenuto al British Sub-Aqua Club di Brighton. Secondo questa tesi, un gruppo di scimmie primitive, costrette dalla concorrenza con i propri simili e dalla scarsità di cibo, si spinse fino alle sponde del mare per andare a caccia di crostacei, molluschi, ricci di mare, ecc., nelle acque poco profonde al largo della costa. Il biologo suppone che questa specie di proto-scimmie acquatiche, spinte dalla necessità di rimanere sott’acqua per diverso tempo – proprio come è capitato per molti altri gruppi di mammiferi – si sia adattata all’ambiente acquatico fino a rimanere in acqua per periodi relativamente lunghi, addirittura in maniera definitiva. Hardy esplicitò definitivamente le sue idee in un articolo apparso su New Scientist il 17 Marzo 1960. Con la pubblicazione dell’articolo, la teoria godette di un certo credito per diverso tempo, ma poi fu progressivamente ignorata dalla comunità scientifica. Fu Desmond Morris, nel suo libro “La Scimmia Nuda“, in cui si trova per la prima volta l’utilizzo del termine “scimmia acquatica”, a rispolverare la tesi di Hardy e la scrittrice Elaine Morgan, dopo aver letto il libro di Morris, divenne la principale sostenitrice e promotrice della teoria. E fu proprio Elaine, a dedicare 6 libri alla divulgazione dell’ipotesi di Hardy. Nel 1987, si tenne un simposio scientifico a Valkenburg, Olanda, per discutere la validità della teoria della Scimmia Acquatica. Dagli atti del convegno,  pubblicati nel 1991 con il titolo “Aquatic Ape: Fact or fiction?” (Scimmia acquatica: realtà o finzione?),  si evince che gli scienziati non se la sentirono di sostenere l’idea che gli antenati dell’uomo fossero acquatici, ma che vi sarebbero alcune prove in merito allo sviluppo dell’abilità natatoria per alimentarsi nei fiumi e nei laghi, con il risultato che l’homo sapiens moderno può godere di brevi periodi di tempo in apnea. Questa è solo una delle versioni “deboli” della teoria, utilizzata dai ricercatori per spiegare alcune caratteristiche umane che gli scienziati non sono ancorain grado di spiegare concretamente, quali la perdita del pelo cutaneo, la capacità di apnea, il grasso sottocutaneo e la capacità istintiva a nuotare dei neonati. Sebbene l’ipotesi della Scimmia Acquatica spieghi abbastanza bene il sorgere di queste caratteristiche, la maggior parte dei paleoantropologi tende a rifiutare la teoria, non accettandola tra le principali spiegazioni dell’evoluzione umana. Una lettura estrema della teoria di Hardy ha portato alcuni ricercatori indipendenti a ipotizzare l’esistenza attuale, di umanoidi acquatici intelligenti che vivono in società complesse nel fondo dell’oceano. L’esistenza di queste timide creature sarebbe all’origine delle leggende sulle sirene, decantate anche da Omero nella sua Odissea. Ma è possibile ipotizzare l’esistenza di questi Umanoidi Acquatici? Potrebbero esserci delle prove?
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