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giovedì 23 giugno 2016

Ripiglino, ritrecine, riusci, rivogare

Ripiglino, ritrecine, riusci, rivogare, rivortolone per descrivere un gioco, una persona d'appetito, una dubbia riuscita e altro ancora


RIPIGLINO: o ragazzi "fanno ripiglino" quando giocano a impadronirsi della palla lanciata  in aria. Ma può indicare diversi altri giochi nei quali, comunque, sono implicate le mani: per esempio quello del filo tenuto tra le dita in modo da formare una figura geometrica, e che viene passato alle mani di un'altra persona così che la figura geometrica, nel passaggio cambi continuamente.


RITRECINE: qualcosa o qualcuno che va precipitosamente: "pare un ritrecine", quando uno mangia con voracità. "Andare a ritrecine" è sinonimo di finire in malora. Tecnicamente il "ritrecine è un congegno che facilita il movimento della macina nei mulini ad acqua dove non c'è la grande ruota.

RIUSCI o RIESCI: un tentativo di dubbia riuscita. "Mi proverò, ma mi pare un riusci"

RIVOGARE: dare, ma piuttosto bruscamente. "Mi ha rivogato un clistere"

RIVORTOLONE: rivoltolone; emozione per un'improvvisa notizia o per un avvenimento inatteso. Dal 25 Luglio 1943 "rivortolone" è sinonimo dicaduta del fascismo.

mercoledì 22 giugno 2016

Rificolona, rimettersi in palla

Rificolona, rimettersi in palla, rinnocare, altri detti toscani con una cantilena per memorizzare il concetto


RIFICOLONA: termine fiorentino (da "fierucolona", cioè lume da fiera) che indica un lampioncino (carta colorata sagomata in varia forma, con una candelina all'interno) portato da ragazzi e da allegre comitive appeso in cima a una canna o a un bastone per le strade e lungo l'Arno la sera della vigilia della SS. Annunziata, la festa che cade l'8 settembre. Questa luminaria è accompagnata da una cantilena che dice:

Ona,ona, ona
o che bella rificolona,
ell'è più bella la mia
di quella della zia


Per estensione, rificolona, indica anche una donna di popolo, sciatta e vestita in modo vistoso.



RIMETTERSI IN PALLA: tornare in buono stato, in perfetta salute. "Qui' cognacchino m'ha rimesso in palla"

RINNOCARE: ripetere una cosa, ricominciarla. Il verbo viene dal gioco dell'oca: quando il giocatore va a finire sulla figura dell'oca prosegue di altrettanti punti raddopiando il numero ottenuto con i dadi, perchè è regola che sull'oca non si metta segno.

Come fare gli zuccheri aromatizzati

Come fare gli zuccheri aromatizzati è cosa semplice con risultato che sarà la delizia del palato e delle vostre tisane o dei vostri tè, ma anche di qualche speciale biscotto. Vediamoli insieme


Da molto tempo ormai faccio uso dell zucchero integrale di canna, rinunciando completamente allo zucchero raffinato. Notoriamente lo zucchero integrale di canna è meno dolce di quello raffinato ma molto più sano. Inoltre si presta ad essere aromatizzato, perché dona alle tisane, sia calde che fredde un nota deliziosa. Preparare lo zucchero aromatizzato è molto semplice ecco alcune idee. 

Zucchero alla scorza di arancia e limone
Ecco come fare: per 120 gr di zucchero ci vogliono 2 cucchiaini di polvere di agrumi essiccati. Effettuare l'essiccazione essiccare delle bucce è un'operazione piuttosto veloce: ogni volta che si andrà ad utilizzare agrumi, mettere da parte le bucce e affettarle finemente, quindi porle in forno a 50 gradi fino a quando non saranno bene essiccate. Trasferitele nel mixer, frullate fino ad ottenere una polvere profumatissima e aggiungerle allo zucchero mescolando.
Uso: questo zucchero aromatizzato si utilizza per addolcire la tisana pronta oppure si può già aggiungere all'acqua in fase di bollitura in modo che l'aroma di arancia e limone sia più intenso.



Zucchero alla cannella 
Particolarmente adatto in inverno, considerate le proprietà scaldanti della cannella, questo zucchero si prepara aggiungendo 1 cucchiaino colmo di cannella in polvere su 120 gr di zucchero.

Zucchero alla mela e cannella 
Si devono essiccare le mele. Per 120 gr di zucchero servono 50 gr tra mele e polvere di cannella: si prende una mela, la si taglia in piccole e fini mezze lune di circa 2-3 cm di spessore. Quindi si fanno essiccare  in forno a 50 gradi con lo sportello semi aperto. Oppure le potete acquistare nei negozi di alimentazione biologica. Una volta ben essiccati, gli spicchi di mela si riducono in piccoli pezzettini e si miscelano alla cannella in polvere e allo zucchero. Lasciar riposare 15 giorni prima dell'utilizzo.

Zucchero alla violetta
Le viole si prstano a moltissime preparazioni, anche ad aromatizzare lo zucchero. Raccogliete i capolini in luoghi possibilmente lontani dalle strade, si sbattono bene per toglierne eventuali insetti e formichine e si mescolano allo zucchero di canna, tagliuzzandoli grossolanamente. Esponete, quindi, il preparato al sole per qualche giorno, rimescolando spesso, fino a quando le violette si saranno seccate. Si conserva in vasetti di vetro.

Zucchero ai fiori di sambuco
Come per lo zucchero alla violetta, si può preparare quello ai fiori di sambuco quando a fine aprile ci allietano di profumo e bellezza.

Zucchero alla menta
Per avere una bevanda rinfrescante, in estate raccogliete la menta e fatela essiccare, poi polverizzatela e aggiungetene 1 cucchiaino per ogni 120 gr di zucchero.

Zucchero aromatizzato al cacao e alla vaniglia
Per 120 g zucchero aggiungete 2 cucchiaini circa di cacao amaro in polvere: le proporzioni variano anche a seconda dei propri gusti. Per quello alla vaniglia, sempre per 120 g di zucchero mescolate i semi di 1 baccello di vaniglia. Questi due zuccheri aromatizzati sono indicati anche nella preparazione di biscotti e torte.

martedì 21 giugno 2016

Ridossino, ridursi alla porta co sassi

Ridossino, ridursi alla porta co' sassi, ridursi sulle cinghie, rimetter le dotte, detti toscani per descrivere alcuni modi di trovarsi a mal partito


RIDOSSINO: concorrenza. Chi apre un negozio accanto, o vicino (a ridosso) a un altro dello stesso genere, "fa un ridossino" al primo.

RIDURSI ALLA PORTA CO' SASSI: ridursi all'ultimo momento per far qualcosa. A Firenze, in altri tempi, coloro che abitavano vicino alle porte della città avevano l'abitudine di uscire le sere d'estate a godersi l'aria e il fresco della campagna. A una certa ora le porte venivano chiuse; ma prima, per avvertire quelli che ancora non erano rientrati, il gabellotto di guardia picchiava un sasso su un battente: a quel sengale i ritardatari si affrettavano. Da qui il detto, che è rimasto aggiornando il significato.


RIDURSI SULLE CINGHIE: ridursi al mal partito, in miseria, o i ncattiva condizioni di salute. L'origine è dal linguaggio di scuderia: quando il cavallo, per malattia o per vecchiaia, non si regge più sulle gambe, viene sorretto con le cinghie. Ma non sembra estraneo neppure il riferimento alla lettiga sulla quale i Fratelli della Misericordia assicurano con le cinghie l'ammalato durante il traasporto all'ospedale. Il modo di dire fiorentino non ha nulla a che vedere con il "tirare le cigne", apparentemente analogo, diffuso nell'alta Versilia e a Massa. "Tirare le cigne" significa darsi da fare, agitarsi per arrivare a qualcosa.

RIMETTER LE DOTTE: riprendere il tempo perso; o, anche, rimettersi in salute. E' un modo di dire antico: da "dotta" e "otta" che significava "ora" (locuzione in disuso: ad otta, a tempo convenuto). Spesso, nel linguaggio comune, si dice, ovviamente sbagliando, "rimettere le rotte".

Tarme: allontanarle in maniera naturale

Tarme: allontanarle in maniera naturale senza ricorrere a sostanze chimiche di sintesi è possibile, basterà qualche piccolo accorgimento e l'utilizzo di naturali profumazioni che queste impertinenti farfalline odiano


Le tarme sono quelle piccole farfalline che abitano felici sia nelle case che nei magazzini e che si nutrono di tessuti e derrate alimentari. Sono comuni ovunque nel mondo e ve ne sono diverse varietà. Non amano la luce quindi si nascondono là dove la luce solitamente non arriva, come l'interno delle credenze, sotto i tappeti, negli armadi. Alla base della loro alimentazione c'è la cheratina, che viene trasformata in cibo. In particolare è bene sapere che  le larve della tarma sono attratte particolarmente da indumenti sporchi, quindi è facile vengano attratte dai tappeti e i vestiti usati.


Per allontanare le tarme, prevenire le loro fastidiose visite si possono usare metodi naturali, e in primis vediamo come possiamo prevenire la loro presenza:

1) Dato che le tarme prediligono gli ambienti umidi, fate sempre asciugare bene gli abiti sudati o sporchi e controllate che gli ambienti siano privi di umidità. Lavare a secco i vestiti prima di riporli, è un buon metodo per eliminare l’umidità e conservare i vestiti in sicurezza.
2) Tappeti e dispense vanno tenuti molto puliti questo è fondamentale per evitare la comparsa delle tarme.
3) Si possono piazzare delle trappole ai feromoni, per cercare di controllare la riproduzione delle terme allo stadio adulto, e prevenire quanto meno una grave infestazione.

4) Munirsi di sacchetti di lavanda e metterne uno in ogni busta in cui verranno riposti i vestiti puliti e ben asciutti, è il metodo che funziona meglio nella prevenzione naturale delle tarme e lascia un piacevole profumo agli indumenti.
6) Ottimi anche i chiodi di garofano e i bastoncini di cannella, da mettere nei sacchetti per ogni busta che andrà a contenere i vestiti.
7) Anchce il legno di cedro è sgradito alle tarme, se si ha la fortuna di avere un mobile con questo legno forse sarebbe meglio riporci i vestiti.
8) Per quanto concerne gli alimenti usate sempre i contenitori in vetro per conservarli, oppure metallo con chiusura ermetica.

Ma se nonostante questi accorgimenti il problema tarme persiste sarà necessaria una vera e propria dichiarazione di guerra. Intanto si dovranno disinfettare gli indumenti e purtroppo gettare gli alimenti contaminati, indi, ripulire con molta cura il lluogo in cui vestiti e alimenti sono stati riposti  passando l’aspirapolvere e poi passare al contrattacco:

- per eliminare gli insetti dagli indumenti sarà necessario lavarli ad elevate temperature ( almeno 50°) per più di 30 minuti,
- oppure congelare l’oggetto infestato a -0° per più giorni.
- ricordate non sono le tarme adulte a mangiare i nostri abiti, ma le larve a causare i buchi negli indumenti
- evitate di ricorrere a metodi come l'uso di foglie di menta, alloro o scroza di limone, invece di allontanarle ne favoriscono la presenza.



lunedì 20 giugno 2016

Ribollita

Ribollita oggi ritornata in auge grazie alla riscoperta della cucina povera, è un piatto tipico toscano davvero sano e saporito


RIBOLLITA: chi l'avrebbe detto che la minestra di magro avanzata dal giorno prima nelle case dei contadini sarebbe diventata una specialità gastronomica nella società dei consumi? La ricetta delle massaie campagnole era istintiva e usava quello che c'era sottomano, cioè pochissimo: pane, soprattutto, qualche odore, cavolo verzotto e cavolo nero, qualche patata e una carota, fagioli lessati e il loro bel brodo profumato.


Questa in realtà era la mamma della ribollita; cioè la minestra di magro che veniva fatta il venerdì, ma in quantità  tale che ne avanzasse: la mattina dopo, il primo che si alzava da letto la riscaldava nel tegame di coccio e il profumo che pervadeva la casa faceva da sveglia per gli altri. Il meglio, naturalmente, era il rosticciolo che rimaneva sul fondo senza bruciare. Questa dunque, la vera ribollita; una specie di anticaffellatte per gente che prende le cose di petto già dal primo mattino.

Ora una ricetta addomesticata la troviamo perfino nei manuali di cucina delle sposine dispeptiche: è un piatto-snob, da cena civil-rustica; non è più di magro (fra gli ingredienti c'è pancetta o carne secca), si fa con i fagioli in scatola (il cui brodo è assolutamente anonimo) e, soprattutto, non è ribollita.

Estate: conservare frutta e verdura senza sprechi

Estate: conservare frutta e verdura senza sprechi può sembrare logico e banale, ma bisogna prestare attenzione e con qualche piccolo trucco possiamo allungare la durata di frutta e verdura ed evitare quegli sprechi in più che il caldo facilita.


Come mantenere frutta e verdura freschi il più a lungo possibile durante la calda stagione estiva ed evitare inutili sprechi? Intanto dobbiamo imparare ad usare correttamente i ripiani del frigorifero e poi usare al meglio la nostra dispensa.


Frigorifero: come sappiamo ogni ripiano o cassetto del frigo (e lo si vede bene anche dalla simbologia impressa sopra) sono destinati ad alimenti specifici. La temperatura interna del frigo è diversa da ripiano a ripiano e varia dai  4°C, 2°C del ripiano più basso ai 10°C dei cassetti, ideali per ospitare frutta e verdura. Usiamo quindi un criterio logico, riponiamo la frutta e la verdura negli appositi cassetti, e, nel caso siano pieni la frutta e la verdura vanno riposte sui ripiani stando attenti a non posizionare gli ortaggi troppo vicino alla parete posteriore, evitando temperature troppo basse che rischierebbero di rovinarne le proprietà.

Sacchetti di carta: evitate i sacchetti di plastica, poichè favoriscono l'umidità e il deterioramento dei cibi. Usate piuttosto i sacchetti di carta, perchè favoriscono la circolazione dell'aria e sono riciclabili.

Fresco e buio per le patate:  la luce favorisce nelle patate la fotosintesi (che le fa diventare verdi e amare) e le temperature da temere sono il troppo freddo e il troppo caldo, ideale una temperatura tra i 6° e gli 8° C. Per evitare che germoglino, tenerle lontane dalle cipolle e dai frutti che producono etilene come banane, kiwi o pesche.

Asparagi:  in un mazzo, in piedi e immersi in pochi centimetri d’acqua. Abbiate l'accortezza di incidere con un coltellino la parte finale più dura. Attenzione però a non bagnarne le punte, che devono rimanere asciutte per una perfetta conservazione.

Rucola:  si mantiene in frigorifero per pochi giorni. Può essere conservata con il gambo immerso in acqua fresca oppure, se le ha ancora, con le radici avvolte in un foglio di carta inumidito.

Pomodoro: si mantengono meglio se conservati a temperatura ambiente, il fresco del frigo interrompe il processo di maturazione che conferisce al pomodoro il suo caratteristico sapore e la sua consistenza.

Aglio e cipolla: andrebbero conservati al buio, in un locale fresco e ben aerato per evitarne la germogliazione. L’ideale sarebbe poterli appendere a qualche centimetro di distanza l’uno dall’altro, mantenendoli così asciutti e saporiti.

Ciliegie: per conservarle più a lungo, privatele del picciolo, ed eventualmente  denocciolatele adagiandole su un tagliere e con l’aiuto di un coltello. Per evitare poi che le ciliegie perdano colore, basterà immergerle in una ciotola con del succo di limone.

Fragole:  immergerle in una soluzione composta da 10 parti di acqua e 1 di aceto di mele, purificandole dai batteri che ne causano il deterioramento.

Mele: sarebbe opportuno sistemare le mele all’interno di cassette di legno o di cartone ondulato, ben distanziate fra loro, coperte da un vecchio lenzuolo che le protegga da insetti e impurità ma lasci circolare l’aria. Va prestata massima attenzione alle mele marce: ne basta una per intaccare tutta la scorta.


domenica 19 giugno 2016

Regio, regola e norma, repente, resie

Regio, regola e norma, repente, resie, rialto, fra carte da gioco rafforzativi, i modi di dire toscani sono la seconda lingua italiana


REGIO: è il re nelle carte da gioco

REGOLA E NORMA: due voci equivalenti che molto spesso vengono accoppiate nel vernacolo fiorentino per dar forza al discorso: "Pe' tto regola e norma, caro mio, i' ddì là d'Arno t'un me l'ha toccare" (da Vita fiorentina  di A. Meriggioli)


REPENTE: più che provvisorio, in vernacolo fiorentino vuoledire "forte", specialmente parlando di vino o di liquore, e anche "piccante" parlando di una pietanza molto drogata

RESIE: bestemmie, dette anche MADONNE pur non coinvolgendo necessariamente la Vergine. Ecco qualche esempio scelto fra le più veniali, quasi eufemismi esclamativi: "madonna campo" evitando in extremis (dopo il ca) il peggio. "Porca Madosca" altro svantaggio in extremis; comunque, Madosca come nome a sè non esiste. "Proca Maremma" ovviamente nessun maremmano si risente

RIALTO: è qualcosa in più aggiunto al solito pranzo, per festeggiare qualcuno a una ricorrenza. "Far rialto"


sabato 18 giugno 2016

Querciola, racca, ragia, regger l'anima co denti

Querciola, racca, ragia, regger l'anima co'denti per dire capriola, gentaglia, inganno e debolezza cronica


QUERCIOLA: capriola. "Far querciola" è stare a testa in giù e gambe in aria. Si dice anche "quercia ritta". E' famosa la storiella di quel prete piemontese che venne mandato in una parrocchia della campagna toscana. Uno dei primi giorni, un bambino, in confessione, fra i suoi peccatucci gli disse di aver fatto una "querciola" in classe mentre la maestra era voltata alla lavagna. Il prete, non sapendo cosa fosse la "querciola", chiese spiegazioni e il ragazzo si offrì di darne un esempio subito, lì sul posto. Così l'incuriosito sacerdote si affacciò alla tendina del confessionale e il ragazzo si mise in testa a giù e a gambe in aria. Due vecchine che aspettavano il loro turno per confessarsi pensarono che fosse una penitenza nuova di quel prete forestiero e colte dal panico scapparono a casa a mettersi le mutande.


RACCA: gentaglia; compagnia equivoca. "Far racca" significa far baccano smodato e anche mettersi d'accordo con qualcun poco raccomandabile

RAGIA: inganno; astuzia. "Scoprire la ragia"; "Capire la ragia". Ragia, per l'esattezza, è la resina del pino e serve, tra l'altro, a preparare la pània per catturare gli uccelli i quali vi rimangono invischiati e prigionieri: da qui il significato di "inganno"

REGGER L'ANIMA CO' DENTI: modo di dire per definire una persona estremamente debole, magra, rifinita. Come "star ritti per scommessa"

Sandy Byers: carte di credito per dipingere

Sandy Byers: carte di credito per dipingere, un modo davvero originale per creare dei quadri. Pensiamo sempre alla pittura con i classici pennelli, ma a volte, si fa di necessità virtù.


Più volte abbiamo parlato di artisti che per le loro opere d'arte usano particolari materiali, che li hanno resi famosi, proprio per la creatività che hanno dimostrato. Così oggi parliamo di Sandy Byers, una ex dipendente della Microsoft, che  per dedicarsi totalmente alla pittura, ha lasciato il suo lavoro. Ciò che contraddistingue l'arte di Sandy è ciò che usa per dipingere: non pennelli, ma carte di credito.


L'uso delle carte di credito per dipingere è arrivata per caso nel 2013, quando durante un viaggio, Sandy si accorse di aver dimenticato i pennelli per dipingere. Che fare? Sandy non si perse d'animo e cercando fra ciò che aveva a disposizione nella borsa, trovò la sua carta di credito: così decise di dipingere con quella.

Non si aspettava certo molto da quell'improvvisato esperimento, ma il risultato fu incoraggiante, tanto che decise di abbandonare definitivamente l'uso dei pennelli. Ora Sandy per dipingere usa solo le carte di credito. L'originalità della sua arte le è valsa una mostra organizzata da Mastercard, e come ha commentato la curatrice dell'evento: “Non ci sono altri pittori che usano una carta di credito per dipingere. Mi è sembrata una cosa molto creativa”.

venerdì 17 giugno 2016

Quand'è vacca un coce, quando r diavolo scote r cencio

Quand'è vacca un coce, quando 'r diavolo scote 'r cencio, quanti fichi fa il mi pero, quarantotto, quel paese detti di cui in paio, entrati nel parlar comune nazionale


QUAND'E' VACCA UN COCE: è inutile cercare di convincere o dare buoni consigli. Così dicono a Viareggio, ed è praticamente lo stesso di: "Quando la carne 'un vole 'i sale è inutile salare"

QUANDO 'R DIAVOLO SCOTE 'R CENCIO: modo di dire livornese per: molto di rado; difficilmente

QUANTI FICHI FA IL MI' PERO: si dice per prendere in giro un bambino uggioso, che fa le moine


QUARANTOTTO: è uno dei numeri che stranamente sono entrati nei modi di dire (come ottanta, in "fare un casino dell'ottanta"). A parte "fare un quarantotto" e "a carte quarantotto" che sono espressioni non esclusivamente toscane, è curioso l'uso che si fa di questo numero per prendere in giro chi è solito rimpiangere i tempi andati. "Be' mi' tempi!" dice uno. E l'altro pronto: "Fa quarantotto"!

QUEL PAESE: "Mandare a quel paese" ha cessato d'essere espressione dialettale ed è lingua italiana: ormai lo dicono anche le signore. Quasi tutti, però, ignorano che  "quel paese" mai nominiamo esiste davvero ed è Borgo a Buggiano, in Val di NIevole, provincia di Pistoia: tanto onore è dovuto comunque solo al fatto che Buggiano ha la stessa radice di "buggerare", verbo transitivo derivato dal tardo latino "Bulgari", poi "Bugari" e "Bugeri" che nel Medio Evo significò anche sodomita

giovedì 16 giugno 2016

Presenterò, prete, propiare, pulcesecca

Presenterò, prete, propiare, pulcesecca, purammò, modi di dire talvolta un poco ellittici ma che vanno a segno


PRESENTERO': modo ellitico usato esclusivamente per assicurare chi prega di portare i saluti a qualcuno che l'incarico sarà assolto. Come per dire: presenterò i saluti

PRETE: scaldaletto a forma allungata fatto con stecche di legno. Il "trabiccolo o monachina" è invece a forma tondeggiante, come una cupola, ed è più adatto al letto dei bambini perchè scalda una superficie limitata. Sembra che il nome di PRETE derivi dal fatto che questo scaldaletto, quando è in "riposo" ritto al muro, ricorda per la forma una specie di piviale. Ma occorre una certa fantasia.


PROPIARE: a firenze significa asserire, assicurare, magari con ostinazione

PULCESECCA o PURCESECCA: i fiorentini chiamano così sia il pizzicotto, sia il livido lasciato sulla pelle dal pizzicotto.

PURAMMO': buono, educato. Lo usano in Versilia. "E' purammò quel cicchino", è perbene quel bambino



mercoledì 15 giugno 2016

Potta, pratica, prenderla a veglia

Potta, pratica, prenderla a veglia, prendere i' traicche, prendere la lepre con carro, memorizzate questi modi di dire, perché in alcune parti della Toscana potreste sentirli spesso


POTTA: vanesio, esibizionista. Contrazione di potestà, un personaggio  che quando era in veste ufficiale usciva dal suo palazzo in gran pompa, seguito da un codazzo di cortigiani: da qui "fare il potta", cioè pavoneggiarsi, far mostra di sè. I derivati sono: "pottata", che in Versilia significa anche sciocchezza, sbaglio; "pottaione e pottone". Meriterebbe uno studio particolare il meccanismo linguistico che ha permesso al potestà, ovvero al "potta", di prendere anche il significato di vulva. La "potta", in gergo, significa appunto questo.


PRATICA: relazione d'amore illegittima

PRENDERLA A VEGLIA: prenderla come abitudine, in senso ironico. "Che l'ha preso a veglia di venire a chieder quattrini a me?"

PRENDERE I' TRAICCHE: andarsene. L'espressione è originaria di Arezzo, poi si è diffusa in altre parti della Toscana

PRENDERE LA LEPRE COL CARRO: quando si vuol raggiungere uno scopo con prudenza, senza affrettarsi, con circospezione


Tai Chi e Corsa: il Chi running

Tai Chi e Corsa: il Chi running un nuovo modo di fare fitness sviluppato in America. Si tratta della fusione dell'antica arte del Tai Chi e con la corsa. Vediamo in cosa consiste.


Arriva dall'America, dove il fitness sappiamo ha davvero infinite strade e sappiamo anche che gli Americani sono molto amanti della corsa. Ma in questo caso non si tratta della corsa classica bensì di un nuovo tipo, come descritto nel libro del plurimaratoneta Danny Dreyer: si tratta del Chi running.

La filosofia del Chi running si basa sul fatto che per correre non servono gambe forti, ma è necessario saperle usare in maniera giusta. Si tratta in pratica della fusione dell'antica arte del Tai Chi con la corsa. Secondo il Tai Chi, l'energia deve scorrere liberamente attraverso il corpo con le meridiane che distribuiscono l’energia in maniera equilibrata.

Perciò il Chi running si inserisce fra quelle  tecniche olistiche che hanno molte affinità con lo yoga, il karate il Chi Kung e ovviamente il Tai Chi Chan. Serve non solo fisico ma anche concentrazione, spiritualità e consapevolezza per allenarsi in maniera corretta.
I principi sono quattro: concentrazione, percezione corporea, respirazione e rilassamento.

Fra le innovazioni  che il Chi running porta cisono: cambio di passo, nuovo assetto posturale, controllo dell’appoggio del piede e continua ricerca del massimo rilassamento del corpo durante la corsa. Fondamentali sono l’allineamento posturale e il rilassamento necessarie per svolgere una corsa efficace. Il corpo deve essere inclinato in avanti per consentire alle gambe un minore impatto e quindi un minore rischio di traumi.

Questa postura in avanti parte dai piedi per cui tutto il movimento delle gambe deve avvenire dietro il tronco e le braccia offrono un valido contributo nell’azione di spinta. Non a caso è questo “l’assetto” di corsa dei più grandi maratoneti del Kenya e dell’Africa Orientale che sempre più si impongono durante le competizioni internazionali di più alto livello.


martedì 14 giugno 2016

Popò, porco pulito un fu mai grasso

Popò, porco pulito un fu mai grasso, posola, posto ch'u ve scalamasse, anche oggi possiamo dire di aver messo da parte altri modi interessanti di far conversazione


POPO': raddoppiamento pisano di "po'" cioè poco. Nessun riferimento scatologico. "Pigliane un altro popo'". Talvolta è un rafforzativo ironico: "Questo popo' di grullo"


PORCO PULITO UN FU MAI GRASSO: vecchio modo di dire che non ha bisogno di spiegazioni, tanto più che, specialmente a Firenze, ci sono sempre state trattorie, anche famose, con insegne pochissimo edificanti, tipo "I' Troia" e "I' coco lezzone", cioè sudicio. Perfino ai tempi di Leopoldo II granduca di Toscana erano rinomate le osterie di "Beppe sudicio" e "Gigi porco"; quest'ultimo aveva bottega in VIa de' PUcci, cioè proprio nel cnetro della città. Ma sembra che, almeno perla pubblicità, sia più efficace così: probabilmente pochissimi sarebbero attratti dal "Coco di bucato" o dalla "Trattoria igienica"

POSOLA: mentre in lingua è una striscia di cuoio che fa parte del finimento del cavallo, in vernacolo fiorentino significa spesa imprevista, imposizione, disgrazia. " Tu sentirai che posola con le tasse"

POSTO CH'U VE SCALAMASSE: imprecazione del dialetto di Massa, equivale a "Ti venisse un accidente"! Il verbo locale "scalamare" significa guastare, rovinare, distruggere

lunedì 13 giugno 2016

Per la quale, per non sape ne legge ne scrive

Per la quale, per non sape' né legge né scrive, perugino, per via, peso ritto, pettata, piaccicone esilaranti modi di dire per tutti i gusti.


PER LA QUALE: perfetto, a posto. "Non mi sento per la quale", cioè non mi sento perfettamente bene in salute. "Codesto vestito 'un ti sta tanto per la quale"

PER NON SAPE' NE' LEGGE NE' SCRIVE: lo stesso chce: modestamente. Ma non è evidentemente che chi usa questa espressione quasi scherzosa sia davvero analfabeta


PERUGINO: il pozzo nero; il bottino. Così lo chiamano in Versilia perchè sembra che gli specialisti della vuotatura venissero un tempo da Perugia

PER VIA: a causa. "Un potiedi venire". "Per via?" "Per via della mi sciatica"

PESO RITTO: "ha fatto peso ritto", cioè è stato irremovibile nellasua decisione

PETTATA: salita ripida e anche viaggio lungo. "Tu m'hai fatto fare questa pettata pe' nulla"

PIACCICONE: è una persona inconcludente, lenta


domenica 12 giugno 2016

Ponce

Ponce, che a Livorno e ormai ovunque, è, possiamo dirlo con certezza, il simbolo di questa città. Insomma un elisir. Andate a Livorno e provatelo.


PONCE: si provi qualcuno a dire ai livornesi che il ponce deriva dall'inglese punch! E' il toccasana, il nutrimento, la bandiera di una città ("a Livorno c'è il ponci 'n del cervello!"), il latte al quale non ci si divezza mai, il whisky labronico, l'aperitivo il digestivo, il pretesto, la scusa, il brindisi e l'ammazzaguai che ha fatto proseliti in tutta la costa tirrenica.


Eppoi, PONCE è solo il nome di una specie: di ponci, diversissimi, ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le occasioni, e ognuno ha un suo nome gergale preciso. Eccone alcuni:
BERSAGLIERE: ponce bianco con un spicchio d'arancia. Si chiama così perchè si prepara alla svelta
BOERO: ponce forte con curaçao, detto anche "boerino", "bola", "dragone", "drosche" come pure "trosche". A seconda della forza alcolica c'è il "drosche" semplice, il "drosche" di spora ecc. Era il ponce dei vetturini e proprio dalla carrozza (drosche, e a Firenze troschei) ha preso il nome di MEZZINO: piccolo ponce economico.
NONNA: a Pisa è un ponce carico, abbondante
PONCE RISTRINTO E PONCE RUMMOSO: ambedue con molto rum,
ROCCHINO: ponce bianco
RUMMINO: solo rum
VESTRINO: ponce viareggino piuttosto leggero, ma lo si può rafforzare e renderlo "bello zingato con sete 'olpi di rumme". A Uliveto (Pisa) il vestrino è il caffè con uno schizzo di cognac.
VIPERA: ponce nero
TORPEDINE O TORPEDINIERA: ponce molto carico


Una clinica per gatti terminali

Un clinica per gatti terminali esiste, ed è stata creata dalla signora Maria Torero che si prende cura di pazienti felini terminali.


Vi siete mai chiesti che fine fanno i gatti malati terminali di cui nessuno si prende cura? Sono moltissimi gli esemplari che ogni anno muoiono di leucemia. E in loro aiuto accorre Maria Torero, un'infermiera di 45 anni che, al fine di sensibilizzare le persone nei confronti delle sofferenze di questi gatti, ha trasformato la sua casa in un clinica.


La sognora Torero ha attualmente 175 pazienti, un numero davvero notevole come le spese che deve affrontare per le cure: 1.500 dollari ogni mese. Nonostante tutto, per Maria è un dovere aiutare questi animali che naturalmente nessuno vuole, e molto esplicativa è una sua dichiarazione:  “La gente non adotta gatti adulti, meno che meno malati terminali”.

Tra l'altro, fra gli amici di Maria alcuni trovano che questa scelta sia inopportuna, poichè il tempo che deve essere loro dedicato è molto, per non parlare dei cattivi odori che si spandono nell'ambiente domestico. Anzi, ci sono quelli che le cosigliano di dedicarsi piuttosto a gatti sani. Ma Maria è irremovibile:  “Non è il mio ruolo, io sono un infermiera”, dice. C’è però in generale grande solidarietà ed ammirazione verso la donna, con molti che le fanno piccole donazioni per aiutarla a coprire le spese che sostiene per curare i gatti.

sabato 11 giugno 2016

Piantare un melo, pici, piecciocci, piedi a parabarberi

Piantare un melo, pici, piecciocci, piedi a parabarberi, pigliare i cocci e incocciassi altri modi, qualcuno un po'fetente, di descrivere anche qualche difetto fisico


PIANTARE UN MELO: cadere all'indietro battendo il sedere (le mele cioè). Si dice soprattutto ai bambini per distrarli dal dolore della caduta e farli sorridere. E siccome l'espediente, in genere, fallisce fra i pianti e strilli, si insiste aggiungendo scorno pur con le migliori intenzioni: "Vien qui che ti rizzo"

PICI: la politica non c'entra: i "Pici" sono certi spaghettini aritgianali, tirati e filati a mano, specialità della gastronomia casalinga del Senese e di Chiusi. Parenti stretti, di nome e di fatto, dei "pinci" che si mangiano, però a Montalcino


PIECCIOCCI: è chi cammina piano piano, magari strascicando i piedi; e anche una persona indecisa, che non leva un ragno da un buco

PIEDI A PARABARBERI: piedi con le punte divaricate. Lo dicono nel Senese dove "barberi", oltre che i cavalli che corrono il Palio, sono le palline di terracotta con le quali giocano i ragazzi

PIGLIARE I COCCI E INCOCCIASSI: arrabbiarsi, impermalirsi, diversamente dal significato di intestardirsi che i dizionari italiani di lingua danno "incocciarsi". C'è chi vi trova un riferimento all'opera vana e rumorosa di raccogliere frammenti di stoviglie o vetri ("Chi rompe paga e i cocci sono suoi")


venerdì 10 giugno 2016

Perdere il ranno e il sapone, perdono

Perdere il ranno e il sapone, perdono, per filo e per segno, ancora detti toscani dai profondi significati e dalle origini davvero originali


PERDERE IL RANNO E IL SAPONE: sprecare tempo e fatica senza profitto. Il Ranno, come si sa, era l'acqua a bollore che, quando il bucato si faceva nelle conche,, veniva versata su uno strato di cenere dalla quale assorbiva le sostanze detergenti; quindi, colano attraverso la biancheria, la ripuliva dallo sporco più grosso. Questa biancheria veniva poi ripassata con sapone. Le donne di casa, nelle campagne, dicevano, appunto, "fare il ranno" come sinonimo di fare il bucato. "A lavare i' capo a' ciuchi si perde il ranno e il sapone", come a dire che con le persone cocciute è tutto tempo perso.


PERDONO: specialmente nei paesi del Valdarno è così chiamata la festa sacra popolare, con funzioni religiose, sì, ma anche con giostre, divertimenti e ballo serale. Un tempo i "perdòni" erano occasione per riconciliare i partiti avversi e sopire odi, una specie di "tregua di Dio"

PER FILO E PER SEGNO: con esattezza. Deriva dal gergo dei boscaioli e dei falegnami che per segare diritto segnano il legno battendovi un filo tenuto in tirare e impregnato di polvere rossa o nera. Proprio da questa operazione con la polvere rossa di sinòpia è derivato l'analogo ma più antico "non uscir dal filo della sinòpia", per significare una cosa che viene ripetuta senza allontanarsi minimamente dalla verità o che è conosciuta con esattezza.

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